Il Piemonte vuole la piena autonomia, mentre si cercano le firme per il referendum

Il Piemonte vuole la piena autonomia, mentre si cercano le firme per il referendum

AUTONOMIA Fa molto discutere quanto è stato approvato lo scorso 19 giugno alla Camera. Ora le Regioni possono trattare con lo Stato fino a 23 materie nelle quali ottenere piena competenza, di cui 14 saranno soggette a livelli minimi di servizio da garantire, per non creare troppi divari tra gli enti. Le opposizioni chiedono a gran voce il referendum abrogativo e dal 20 luglio è iniziata la raccolta firme in tutta Italia, promossa dai sindacati.

«Vogliamo far presente che siamo una Regione che può iniziare a discutere di certi temi»

Alberto Cirio ha presentato la sua nuova Giunta regionale 4
L’assessore Enrico Bussalino

Il 26 giugno scorso è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale la legge 86 sull’autonomia differenziata, presentata dal ministro per gli affari regionali Roberto Calderoli (Lega). La proposta serve ad attuare la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, in base a cui le Regioni possono chiedere allo Stato competenza esclusiva su 23 materie di politiche pubbliche. Una concessione che è permessa dall’articolo 116 della Costituzione, ma che finora ha avuto poca applicazione, anche per il divario ancora esistente tra Nord e Sud.

Per fare un esempio, nel 2022 solo 13 Regioni (tra cui Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria) hanno raggiunto la sufficienza nella capacità di garantire pienamente ai cittadini i livelli essenziali di assistenza (Lea), secondo il rapporto definitivo del Sistema di garanzia che valuta le cure nelle varie zone. Proprio per questo la nuova legge stabilisce un finanziamento per avere livelli essenziali di prestazione (Lep) su tutta la Penisola in alcune materie (come istruzione, tutela della salute, alimentazione o beni culturali), in modo da evitare disomogeneità troppo forti e pressioni ingestibili in alcune aree.

Timori che il Piemonte non ha, dato che nei giorni scorsi è stata inviata al Governo una lettera a firma del presidente Alberto Cirio e dell’assessore all’autonomia Enrico Bussalino per chiedere subito la delega sulle nove materie senza Lep (tra cui rapporti con l’Ue, previdenza complementare, Protezione civile e commercio con l’estero). Ne abbiamo parlato con Bussalino, ex presidente della provincia di Alessandria e delegato della Giunta regionale sull’autonomia.

Bussalino, come mai il Piemonte gioca d’anticipo?

«Una volta approvata la legge abbiamo subito chiesto d’iniziare le procedure, anche perché siamo quasi ad agosto: facendo richiesta adesso, prima di fine anno non si attiverà il tavolo di confronto con il Governo, quindi non mi sembra così presto. Peraltro, abbiamo iniziato l’iter, i tempi li detterà il Governo; vogliamo far presente che siamo una Regione che può iniziare a discutere di questi temi».

Non temete che arrivi un referendum abrogativo? 

«È possibile che venga presentato dalle opposizioni, poi lo delibereranno cinque Consigli regionali o le cinquecentomila firme di elettori. Nel caso, in modo lineare noi cercheremo di spiegare che il presidente Sergio Mattarella ha firmato senza nessun rilievo l’attuazione di una legge costituzionale, approvata tra l’altro dal centrosinistra nel 2001. Ognuno dirà la sua e i cittadini decideranno, come è giusto avvenga in una democrazia».

«Le priorità: la Protezione civile e la previdenza complementare»

Alberto Cirio ha presentato la sua nuova Giunta regionale 2

Scendiamo adesso nel concreto della riforma sul- l’autonomia differenziata proposta dalla Lega e di quella che sarà la sua applicazione in Piemonte, anche se serviranno almeno due anni al Governo per definire i Lep. La nostra Regione aveva già fatto richiesta per tredici materie con la Giunta di centrosinistra di Sergio Chiamparino: ora, con il centrodestra di Alberto Cirio, vorrebbe avere competenza esclusiva su tutte quelle possibili, cioè ventitré.

Assessore Bussalino, quale materia avrà priorità?

«Sicuramente la Protezione civile. Le faccio un esempio pratico: durante l’alluvione che abbiamo avuto nel Verbano, la procedura prevedeva un sopralluogo coi nostri tecnici, poi occorreva analizzare il dato di Arpa Piemonte, che è già un ente a carattere regionale, e successivamente si passava alla richiesta dello stato di calamità allo Stato. È chiaro che con l’autonomia differenziata si potrebbero diminuire di molto i tempi e la burocrazia, partendo da questi casi. Il mio è un ragionamento non ideologico: vogliamo soltanto aumentare l’efficienza e l’efficacia della macchina amministrativa regionale».

Quali altre materie meritano urgenza?

«Se la Regione Piemonte avesse la possibilità di fare delle leggi sulla previdenza complementare, vale a dire una pensione integrativa a quella che già viene erogata dall’Inps, sarebbe un’opportunità importante per una popolazione che sta diventando sempre più anziana».

Sulla sanità, che necessita però di Lep e quindi di un iter più lungo, come vi muoverete, vista la sua centralità nel bilancio regionale?

«Fino a poco tempo fa ero sindaco di un piccolo Comune di montagna, Borghetto di Borbera, perciò faccio questa considerazione. Con l’autonomia differenziata si potrebbero incentivare i medici di base a operare nelle zone disagiate o marginali».

Non temete pressioni dalle Regioni meno virtuose sui nostri servizi?

«Ci mettiamo in gioco perché ci crediamo. Nessuno deve aver paura di niente, perché se iniziamo e facciamo bene possiamo dare consigli alle altre Regioni, che magari partiranno dopo».

Lorenzo Germano

Morabito: «Abbiamo già oggi 21 sistemi sanitari differenti»

«Mancheranno decine di migliaia di medici»

«L’autonomia differenziata? Esiste già, almeno in parte». Lo afferma Francesco Morabito, oggi alla direzione del Cidimu – il gruppo che fornisce prestazioni sanitarie private in parte del Nord Italia –, ma con una lunga esperienza ai vertici dell’Asl Cn2.

Il 19 giugno, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la legge sull’autonomia differenziata di cui parliamo in queste pagine, che stabilisce le regole tramite le quali le Regioni potranno chiedere allo Stato di gestire determinate materie. Era una promessa del centrodestra, che ha presentato il testo in Parlamento a marzo 2023.

«Il cambiamento è conseguente alla riforma del titolo V della Costituzione avvenuto nel 2001», prosegue Morabito. «La novità d’inizio millennio ha in realtà già trasferito alle Regioni alcuni poteri, riconoscendo autonomia legislativa su materie decisive, tra cui la tutela della salute, che rappresenta il capitolo di spesa più elevato per gli enti regionali e per lo Stato. La nuova normativa si inserisce in questo contesto e potrebbe portare a mio avviso nuovi e positivi meccanismi nella gestione della sanità pubblica».

La norma sull’autonomia differenziata sancisce che le Regioni possano, attraverso un lungo procedimento, chiedere allo Stato la competenza esclusiva su 23 politiche pubbliche e fa seguito al mutamento introdotto dal Governo di Giuliano Amato, supportato da una maggioranza di centrosinistra: il nuovo titolo V ha posto nel 2001 sullo stesso piano, come entità costitutive della Repubblica, i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e lo Stato. Alle Regioni in particolare è stata riconosciuta ampia autonomia statutaria, legislativa, organizzativa e anche finanziaria.

Il nido dell'ospedale di Verduno è tutto nuovo grazie al progetto sostenuto dalle fondazioni Alba-Bra e Compagnia di San Paolo 2
Ospedale di Verduno

L’idea che Morabito difende è però avversata dal centrosinistra, dal mondo delle associazioni, dalla Chiesa, dai sindacati, che stanno portando avanti la raccolta delle firme per chiedere il referendum abrogativo. «Vogliamo cancellare la legge sull’autonomia differenziata perché non è ciò di cui ha bisogno il Paese», ha spiegato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. «Abbiamo necessità di unire l’Italia e garantire pari diritti a tutti, a partire da salute e sanità pubblica. Le scelte che il Governo di Giorgia Meloni sta facendo non fanno che aumentare le disuguaglianze».

Perché Morabito la pensa diversamente? «Abbiamo già oggi 21 sistemi sanitari differenti, finanziati in modo poco coerente, sulla base della spesa storica e non delle vere necessità», spiega l’ex dirigente dell’Asl. «Se, nello spirito della normativa sull’autonomia differenziata, si arriverà a prendere in considerazione i livelli essenziali di prestazioni (Lep) individuati e concordati tra Stato e Regioni, potremo fare un passo avanti. Il percorso sarà molto lungo e complesso, ma sono convinto che dare maggiore forza agli enti regionali potrebbe migliorare la loro capacità di erogare i servizi, rendendoli più efficienti. Si tratta di gestire al meglio il denaro pubblico, ponendo tutti sullo stesso piano. Dalla situazione odierna non possiamo che migliorare e io mi sento ottimista!».

Il mondo della sanità pubblica, intanto, anche al Nord, fa i conti con le liste d’attesa, con la medicina territoriale e ospedaliera alle prese con la burocrazia e i bilanci piuttosto che con i pazienti, oltre che con la carenza dei sanitari.

Morabito: «In realtà, abbiamo più medici che in Francia, ma non siamo capaci a programmarne la distribuzione per specialità, tanto che nella medicina d’urgenza siamo del tutto carenti. Occorre considerare che i nostri sanitari sono sottopagati e poco valorizzati, il che li porta a cercare soluzioni altrove, nel privato e all’estero. Andrebbe invece incentivata l’attività intramoenia, ovviamente adeguandola a quella contrattuale, per portare a maggiori gratificazioni, considerando anche il ruolo del privato a servizio della dimensione pubblica».

 Maria Grazia Olivero

«Il nostro obiettivo resta tutelare l’unità nazionale»

Elezioni ad Alba. La candidata del Pd Gianna Pentenero visita il mercato del sabato 10
Gianna Pentenero, Pd

Alle ultime elezioni regionali Gianna Pentenero ha guidato la coalizione di centrosinistra fermandosi al 33,54 per cento dei consensi.

All’indomani della sconfitta elettorale aveva subito affermato di volere, come consigliera, guidare l’opposizione senza fare sconti, annunciando «forti pressioni soprattutto sui temi indifferibili». Uno di questi è l’autonomia differenziata. Commenta Pentenero: «La riforma Calderoli rappresenta una minaccia per l’unità nazionale ed è responsabile della frammentazione del Paese in ventuno microrealtà regionali. Ogni amministratore locale di centrosinistra deve valutare e prendere atto delle conseguenze negative». Anche per il Piemonte «è fondamentale una ferma opposizione a un disegno di legge che, oltre ad accentuare il divario tra Nord e Sud, aggraverebbe l’irrigidimento delle politiche pubbliche nazionali, soprattutto in ambiti cruciali come le infrastrutture e il sociale». La richiesta di un referendum per fare decidere i cittadini sul tema «ha unito tutta la nostra coalizione ed è un segnale positivo. Il quesito si oppone sia all’autonomia differenziata sia al premierato. L’obiettivo è difendere la nostra Costituzione, riconosciuta come una delle più “belle” del mondo».

Una riforma simile «al momento non è né auspicabile né urgente. Non esiste un “criterio oggettivo” o tecnico che permetta di stabilire se una Regione sia in grado o meno di gestire meglio dello Stato le competenze che verrebbero trasferite. È quindi imprescindibile, prima di qualunque ulteriore avanzamento legislativo, introdurre strumenti di misurazione oggettiva dei risultati storici delle Regioni nelle varie materie». In conclusione, «chiediamo che ogni Regione, in particolare quelle governate dal centrosinistra, si unisca nella lotta, per salvaguardare l’unità del nostro Paese e garantire una gestione delle risorse pubbliche che sia equa ed efficiente». 

Davide Barile

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