ABITARE IL PIEMONTESE In Piemonte, sulle pendici rocciose di un ecosistema unico di biodiversità, cresce una pianta straordinaria: il ginepro, in piemontese chiamato zeneivèr o snàiȓv, in occitano ciais. Il genere annovera ben cinque specie autoctone in Piemonte. Dovendo combattere duramente per sopravvivere, sviluppa caratteristiche uniche di profumo, colore e proprietà benefiche. Il ginepro è una botanica spontanea, la cui raccolta è affidata ai montanari. Si tratta di un sempreverde, con foglie aghiformi così appuntite da sembrare veri e propri aculei. Il nome greco, arkeuthos, significa allontanare, respingere un pericolo, un nemico, definizione che ben si addice a una pianta dai rami pungenti. Altri attribuiscono l’etimo al latino juneperum ovvero acre, a indicare il sapore aspro dei frutti e il difficile contatto con la pianta.
Per il suo legno resistentissimo, inattaccabile dai tarli, la pianta è simbolo di eternità. Fino ai primi del Novecento, nelle festività natalizie era usanza appenderne dei rami alle porte di case e stalle come portafortuna oppure bruciarli per purificare l’aria con il fragrante profumo. Per proteggersi dalla malasorte si conservava anche la cenere, con la quale si compivano riti nel corso dell’anno. Qualcuno produceva un unguento che si riteneva fosse in grado di contrastare lebbra, scabbia, rogna e pruriti.
Il ginepro è noto ai buongustai, se non altro per le bacche aromatiche, prima verdi e poi bluastre, esaltatrici di arrosti, cacciagione o frisse (i fegatelli suini). Le bacche sono l’ingrediente principe di distillati e liquori digestivi come il gin, contengono un olio essenziale e un principio amaro: la juniperina, sfruttata nelle affezioni delle vie respiratorie, negli stati uremici e reumatici, come stimolante cutaneo nell’alopecia, favorisce la depurazione dei reni, migliora la respirazione e svolge un’azione antinfiammatoria.
Il ginepro rappresentava una panacea per quasi tutti i malanni, un toccasana universale. Esclusivo e molto particolare, un prodotto di alta valle Susa a uso dolciario e medicinale è l’ustré di ginepro (l’estratto). Conservato come una reliquia, era una pregiata merce di scambio con i paesi di oltre confine, fino a una cinquantina di anni fa. A Mondovì si parla di un’imminente festival sul ginepro e i suoi derivati, ma cosa ci ha colpito di più sono le raviole al ginepro: se tradizionalmente sono del plin, in questo contesto le chiameremo raviole al gin!
Paolo Tibaldi