Egea, i Comuni hanno perso. Adesso è il momento di salvare i lavoratori

Egea
Foto di repertorio

IL CASO C’è una categoria che nella crisi di Egea è rimasta in silenzio: i dipendenti. Le rappresentanze sindacali di Egea acque ed Egea produzioni e teleriscaldamento sono però intervenute la scorsa settimana all’incontro convocato ad Alba dalle sezioni cuneesi di Cgil e Filctem Cgil.

Ha spiegato uno dei lavoratori: «Abbiamo avuto segnali di questa crisi? No. Egea si è sempre retta su una struttura patriarcale, con al centro il suo ex amministratore delegato, Pierpaolo Carini. I segnali erano positivi: tutte le aziende del ramo energetico chiudevano sportelli ed Egea li apriva. Tra bilanci da capogiro e investimenti, se qualcuno sollevava dubbi, veniva subito smentito».

Ma la realtà era diversa: «Oggi ci rendiamo conto che erano bugie. Viviamo in una situazione di stress costante: i fornitori non consegnano più materiale. E, per lavorare, non ci bastano i computer. Ci servono la carta e il vestiario, che scarseggiano».

Pierpaolo Carini
Pierpaolo Carini

Ha aggiunto un altro addetto: «Quando bollo il cartellino, mi chiedo se domani avrò ancora un lavoro. Sappiamo che Iren si è impegnata a mantenere la sede ad Alba per cinque anni: che cosa accadrà dopo? Ho due figli e vorrei avere un po’ di serenità». Ancora un dipendente: «In questa situazione i vertici di Egea sono assenti: siamo lasciati soli da chi dovrebbe metterci la faccia. Ci capita anche di essere trattati malamente, perché le persone temono ripercussioni sui servizi».

Pier Tomaso Bergesio, segretario provinciale di Cgil Cuneo, ha spiegato: «È fondamentale il buon esito della composizione negoziata della crisi e l’acquisizione da parte di Iren, un’azienda solida, che si è impegnata a garantire i livelli occupazionali. Ora è fondamentale mettere al primo posto i lavoratori, che abbiamo seguito senza clamore, vista la delicatezza della situazione. Vorremmo però lanciare un appello alla politica, perché faccia sentire la propria voce: tutti si devono assumere le responsabilità che hanno».

Questo momento è decisivo per la procedura di composizione negoziata della crisi. Se la partita con i fornitori è stata chiusa, resta aperta quella con le banche e gli obbligazionisti. Il passaggio più complesso, con la Banca europea investimenti, pare stia per risolversi. Per gli obbligazionisti, la riunione definitiva è in programma giovedì 14 marzo: se il 60 per cento non accetterà il saldo e stralcio al 30 per cento su quanto investito, la procedura non si concluderà ed Egea rischierà ancora il fallimento. A chi ha sottoscritto obbligazioni pare sia stata concessa la nomina di un rappresentante all’interno della nuova società, se l’operazione andrà in porto.

La nuova Egea sarà al 50 per cento in mano a Iren e per l’altra metà legata alle banche con crediti garantiti. I Comuni, in quanto azionisti, perderanno il valore delle loro quote: Iren ha avanzato l’ipotesi di compensarli con una partecipazione al 20 per cento in Egea acque. Così, il salvataggio dell’azienda si lega all’infinita vicenda del passaggio al gestore unico provinciale per il ciclo idrico integrato, ancora non completato, per via dei numerosi ricorsi – rigettati – presentati proprio da Egea.

Ha però detto ad Alba Paolo Parodi, segretario regionale Filctem Cgil: «La proposta di Iren ci sembra inaccettabile, perché la legge chiede di attuare la strada tracciata fin dal 2018. E anche l’autorità che vigila sul settore, Arera, ha sollecitato il territorio sul percorso pubblico. Vigileremo e ci opporremo a scelte diverse, che danneggerebbero i dipendenti. Sono 63 i lavoratori di Egea acque». Cgil ha riferito voci circa la possibilità di una gara europea per l’affidamento delle reti nell’Albese, pur mantenendo la gestione pubblica di Cogesi: è questa l’ipotesi sostenuta dai sindaci dei Comuni interessati, tra cui Alba. Ma per Walter Biancotto, segretario provinciale di Filctem Cgil, «l’unica strada è la pubblicizzazione, anche per tutelare gli addetti. Egea acque è la parte sana dell’azienda e genera utile: è una partita che deve andare a buon fine».

Francesca Pinaffo

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