L’INTERVISTA Stefano Ricagno il 6 maggio è stato nominato presidente del consorzio Asti Docg per il prossimo triennio. I suoi vice sono Bruno Fortunato, Massimo Marasso, Gianfranco Torelli e Paola Zappino.
Ricagno, lei è presidente di una filiera complessa e articolata, nel passato combattuta tra l’anima “agricola” e quella “industriale”, ma che vale 90 milioni di bottiglie. Come intende muoversi a livello generale?
«Fare scelte condivise. A mio modo di vedere – ma sono convinto che sia il pensiero di tutti coloro che vogliono il bene del nostro comparto – nessuna delle parti deve considerarsi superiore o mettere i propri interessi sempre e comunque davanti a quelli della filiera. Sto parlando di uno spirito di unità, trasparenza, collaborazione, che deve andare al di là persino di queste mie dichiarazioni. Tutti dobbiamo sforzarci di operare insieme. E a chi pensa che queste siano parole svuotate di significato ricordo che la filiera dell’Asti spumante e del Moscato d’Asti è da sempre contraddistinta dalla varietà di idee e posizioni che, se da un lato possono sfociare in contrapposizioni anche schiette e dirette, dall’altro lato rappresentano da sempre la nostra forza, che viene dal rispetto delle diverse posizioni. Pare banale dirlo, ma dividersi è sbagliato. Specialmente in questo periodo con le sfide che dobbiamo affrontare, commerciali, sociali e associative. Da presidente, farò di tutto per tutelare e sviluppare l’unità e la compattezza della filiera».
L’Asti, un prodotto «unico e irripetibile», è venduto poco in Italia a dispetto di qualità e filiera tracciata. L’immagine ha spazi di miglioramento. Il Consorzio propone idee nuove in merito?
«L’Asti spumante in Italia è venduto meno che in passato a causa di motivi contingenti che ne hanno diminuito la penetrazione sul mercato. Le crisi economiche ripetute e profonde, l’emersione di competitor commercialmente sempre più aggressivi, il cambiamento dei gusti del pubblico, i problemi in tema di clima e le difficoltà conseguenti nella gestione del vigneto, sono cause concrete della diminuzione delle vendite. Tuttavia, il consorzio da alcuni anni ha investito molto sul mercato domestico. La nostra presenza sul territorio di produzione non è passata inosservata, lo hanno notato anche i nostri competitor. La “firma” del consorzio sul paesaggio dell’Asti e del Moscato d’Asti attraverso la riproduzione del marchio istituzionale nelle rotonde stradali, sulle paline e sulle insegne installate nelle vigne, la collaborazione con testimonial molto noti, la sponsorizzazione di grandi eventi nazionali in campo sportivo e culturale saranno, in tutto o in parte, replicati e se possibile ampliati. Sono convinto più che mai che l’Asti e il Moscato d’Asti debbano prima di tutto essere “profeti in patria” per continuare a essere anche leader nel mondo. E questo deve avvenire per perseguire risultati commerciali, certo, ma anche per un senso di orgoglio di territorio che dobbiamo recuperare e sottolineare. Non a caso l’idea di candidare i paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato a patrimonio dell’umanità tutelato dall’Unesco è nata proprio dalla zona di produzione dell’Asti e del Moscato».
I prezzi di vendita nella grande distribuzione paiono ancora troppo bassi, in primis durante le feste natalizie. Un problema di non facile soluzione.
«Premesso che credo nessuno abbia la bacchetta magica quando si tratta di prezzi e mercato, faccio presente che il consorzio non ha un ruolo commerciale. Quello spetta alle aziende che sono impegnate nella vendita e possono, in libertà assoluta, decidere quale strategia percorrere per fare fatturato e per sopravvivere in un settore, come quello vinicolo e spumantiero, che ricordo è uno tra i più competitivi al mondo. Al consorzio invece compete la tutela della denominazione, la garanzia sull’origine e sulla qualità, insieme alla promozione e alla valorizzazione».
Parliamo delle sottozone e dei sorì. Non sarebbe opportuno mappare tutta la Docg come è stato fatto per il Barolo? E inoltre, Canelli come sottozona non è troppo estesa?
«Per quanto riguarda i sorì posso dire che esiste una legge che riconosce i “vigneti eroici”. È un traguardo molto importante e noi, come consorzio, insieme all’associazione dei Comuni del Moscato e alla Regione faremo in modo di individuare i sorì con le caratteristiche necessarie per entrare nella mappa dei vigneti eroici in maniera da accedere ai sostegni previsti dalla legge. Sulla zona di produzione del Canelli Docg, che alcuni considerano troppo estesa e altri troppo poco, si sono espressi i produttori: essi sono coloro che hanno titolo a decidere su questo tema».
Lorenzo Tablino
