
ASTI «Un ente come la Provincia è indispensabile in un territorio come il nostro, che conta 118 Comuni. L’auspicio è che la fascia provinciale non sia indossata da un sindaco, in questo caso quello del capoluogo, ma da qualcuno eletto dai cittadini e che quella persona sia messa nelle condizioni di lavorare per loro», Maurizio Rasero, nella doppia veste di sindaco di Asti e presidente della Provincia consegna anche questo spunto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha visitato la città in occasione del trentennale della morte di Giovanni Goria.
«Se questo territorio chiede è perché in passato ha solo sempre dato, senza tirarsi mai indietro», aggiunge un Rasero, particolarmente emozionato rivolgendosi al capo dello Stato in occasione della cerimonia che si è tenuta ieri, giovedì 23 maggio, al teatro Alfieri.
Rasero ha dichiarato: «Non capita tutti giorni di doversi rivolgere alla più alta carica dello Stato. In passato, tre suoi predecessori sono giunti nella nostra città, tra cui il presidente Ciampi 21 anni fa e il presidente Scalfaro, nel ‘97, quando venne per apporre la medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza al vessillo provinciale, definendo la nostra Provincia contadina per eccellenza».
Il sindaco ha proseguito: «In un Paese che sovente si divide su tutto, si cercano le cose che ci uniscono: ci ha unito prima l’inno d’Italia, ci unisce la bandiera nazionale e la Costituzione, che riconosciamo come legge fondamentale e che oggi i nostri giovani danno per scontata, ma che un tempo non lo era. Rivolgersi alla persona che tutela questi valori e che è un po’ come il papà di questo Paese è motivo di emozione e di un senso di responsabilità per trovare le parole giuste, che possano farle arrivare il calore e la vicinanza che questo territorio vuole manifestarle. La responsabilità di trovare le parole che qualsiasi dei nostri 214 mila concittadini le direbbe oggi».
Rasero ha incalzato: «Penso che ciascuno di loro le direbbe “grazie!,” anche per essere qui a ricordare due grandi astigiani, vissuti in epoche diverse: la figura di Giovanni Goria, il politico più importante che questo territorio abbia espresso, il più giovane presidente del Consiglio della Repubblica italiana del suo tempo e per molti anni ancora dopo, eletto deputato con 600mila preferenze personali, un punto di riferimento per i nostri concittadini, politico fine e intelligente, capace di andare al nocciolo delle questioni per risolvere i problemi e trovare delle risposte, persona in grado di spiegare con parole semplici concetti molto complessi, che ha servito lo Stato sovente fuori dai riflettori, un esempio per i politici del suo tempo e per tanti di oggi. Ricordiamo poi Vittorio Alfieri, un precursore sotto tantissimi aspetti, che ha parlato di democrazia, libertà e differenziazione dei poteri dello Stato molti anni prima della Rivoluzione francese».
In riferimento alla strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio 1992, Rasero ha sottolineato: «Il fatto che lei sia qui proprio in questo giorno, per noi è motivo ancor più di orgoglio. Penso che da quell’evento si debba immaginare una cesura storica, per cui i siciliani più di prima riescono a dire “adesso basta” e l’Italia mostra loro tutta la sua vicinanza. Lo dico da presidente di una provincia che pensava di essere lontana da certi problemi: grazie al lavoro della magistratura e delle Forze dell’ordine ha scoperto che la mafia esiste anche al Nord. Il nostro, però, è anche un grande territorio, che ha una storia millenaria, una cultura da vendere, eccellenze in ogni campo, un territorio di santi sociali e di persone che hanno fatto la differenza, un territorio riconosciuto, dieci anni fa, patrimonio dell’umanità dall’Unesco».
Rasero ha concluso: «Noi tutti, attraverso il sottoscritto, la ringraziamo, presidente, per il lavoro di tutti i giorni e per il suo impegno quotidiano. E in qualsiasi momento, magari di sconforto o di indecisione, perché siamo tutti umani, mi permetto di dirle che, guardando indietro, saprà che non è solo, che gli italiani sono con lei e tra loro ci sono anche gli astigiani».
Manuela Zoccola
