
VINO. È un polverone sui filari nobili del Nebbiolo da Barolo quello sollevato dalle parole di Matteo Ascheri. Giovedì scorso Gambero rosso ha pubblicato un’intervista all’ex presidente del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. È la prima da quando il barolista braidese ha lasciato l’Ampelion dell’Enologica, nonostante anche Gazzetta gli avesse chiesto una valutazione di fine mandato. Senza usare giri di parole, Ascheri se l’è presa con i colleghi – a iniziare dal suo successore alla presidenza Ettore Germano – e con le cooperative. Tra i punti principali del lungo colloquio la mancata approvazione della modifica del disciplinare di Barolo e Barbaresco riguardante la possibilità di piantare i Nebbioli per i due vini sui versanti a nord delle colline; le modalità della mancata rielezione nel Consiglio di amministrazione del sodalizio guidato per due mandati.
Ma nel mirino dell’ex presidente, che ha annunciato anche di essere uscito dal Consorzio, c’è la cantina cooperativa Terre del Barolo di Castiglione Falletto. Parole destinate a far rumore: «Il problema del nostro territorio sono soggetti come Terre del Barolo – che io definisco “Autogrill 9,99” – che cerca di abbassare il prezzo di mercato delle uve per evitare le lamentele dei suoi conferitori le cui uve sono sottopagate. Non capisco poi che ci fa un soggetto cooperativo come questo dentro Confindustria: è una cosa stranissima. Purtroppo il consorzio è stato conquistato da questi soggetti che hanno definito i nuovi vertici e possono controllarli». Segue una previsione: «Succederà che liberalizzeranno gli impianti. Il bando per i nuovi impianti era zero durante la mia presidenza, in futuro ci saranno ogni anno nuovi 22,5 ettari di Barolo che saranno redistribuiti con bando. E così Terre di Barolo pagherà meno le uve ma potrà produrre di più: esattamente il contrario di quello che serve alla denominazione». Parlando del «posizionamento del Barolo» ritiene basti «andare in autogrill» per capirlo. «Colpa delle cooperative che comprano al prezzo più basso possibile e che producono uno sfuso del 30 per cento».


Un’entrata a gamba tesa che ha lasciato Paolo Boffa, presidente di Terre del Barolo, «senza parole. Conosco Matteo da tempo, l’ho sempre ritenuto una persona equilibrata e moderata. Ci siamo incontrati una decina di giorni fa e, del tema, mi ha accennato nulla. Le sue sono cattiverie passibili di denuncia. Non escludiamo di procedere per vie legali. Ho provato a telefonargli due volte, senza successo. Spero di poter risolvere conversando da persone civili. Credo abbia del risentimento nei confronti di qualcuno e si sia sfogato in questo modo». Lo stupore di Boffa si accresce quando pensa «a tutti i favori che mi ha chiesto in questi sei anni, spesso abbiamo, con piacere, concesso i nostri spazi per ospitare riunioni. I nostri rapporti sono sempre stati ottimi: per chi legge l’articolo, sembriamo i nemici numero uno».
Nel merito, Boffa parte con una battuta: «Dice che i giovani sono controllati dalle cooperative. In realtà, nel Consiglio di amministrazione abbiamo parecchi soci delle nuove generazioni, al massimo sono loro che controllano la cooperativa».
«Ci accusa di vendere a prezzi stracciati. È falso: lui stesso veniva a comprare Barolo sfuso e lo rivendeva a concorrenti di Autogrill. E pure ad altri che ora vendono a prezzi inferiori rispetto alla catena citata. Dietro a tale costume sono in molti, che lo praticano e cercano di nascondersi. Il canale del vino sfuso ti aiuta quando non riesci a esaurire il vino prima della vendemmia successiva. Io, poi, devo fare quadrare i bilanci e pagare conferenti e dipendenti».
Il presidente di Terre del Barolo: «La verità è una, il momento del mercato è difficile»
I grandi gruppi, secondo Boffa, «sono ancora pieni di scorte delle nostre bottiglie in magazzino. La verità è una: il momento è difficile e nessuno riesce a vendere».
Ai conferenti «diamo due acconti e il saldo dopo quattordici mesi. La vendemmia 2022 l’abbiamo liquidata a prezzi notevolmente superiori rispetto all’accordo delle associazioni di categoria o ai mercuriali della Camera di commercio. Se i soci di Terre del Barolo si lamentassero, non mi avrebbero confermato per il terzo mandato. E, poi, mi sembra ci sia nulla di strano nell’essere iscritti a Confindustria. Lo siamo da sempre, ci avvaliamo dei loro ottimi servizi e siamo pure in Confcooperative».
«Nuovi impianti: è stata l’amministrazione di Ascheri a riaprire il bando, noi contrari»
L’ultima battuta è sui nuovi impianti: «È stata proprio l’amministrazione presieduta da Ascheri a riaprire il bando. Terre del Barolo è sempre stata contraria: prima di piantare nuovi vigneti occorre vendere il vino e cercare nuovi mercati. Purtroppo, in Italia si è soliti fare il contrario».
Davide Barile
