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Siamo in comunione con Gesù o contro di lui?

PENSIERO PER DOMENICA – DECIMA TEMPO ORDINARIO – 9 GIUGNO

«Adamo, dove sei?»: secondo il filosofo Martin Buber, la domanda interpella ogni uomo: cosa stai facendo nella vita? Secondo il Vangelo di questa X domenica (Mc 3,20-35) la domanda si può riformulare così: in che relazione stai con Gesù? Con chi ti identifichi: con quanti non lo capiscono, quanti lo rifiutano a priori, o che cercano di fare la sua volontà?

Siamo in comunione con Gesù o contro di lui?
Il peccato originale, miniatura del IX secolo per la Bibbia di Carlo I il Calvo. Roma, San Paolo fuori le mura. La disobbedienza genera conflitto all’interno della prima coppia umana, oltre che con Dio. Giancarlo Giuliani/PSP

A volte è difficile capirsi. Lo denuncia la prima lettura (Gen 3,9-15), con il dialogo tra Dio, Adamo ed Eva dopo quello che è stato definito “peccato originale”. In realtà nella Bibbia non compare mai il termine, né il peccato viene descritto. Se ne descrivono le conseguenze, tra cui il primo conflitto coniugale della storia: i due che sembravano la coppia perfetta, si accusano a vicenda. Anche Gesù ha fatto fatica a farsi capire. I primi a non capire sono i suoi familiari, che tentano di dichiarare una sua infermità mentale. Poi gli scribi, venuti da Gerusalemme, incarnano il rifiuto totale, accusando Gesù di essere un indemoniato. Rifiutare pregiudizialmente la salvezza è “bestemmia contro lo Spirito Santo”, un peccato che non sarà perdonato per il fatto che Dio rispetta la libertà dell’uomo: non salva chi non vuole essere salvato! 

Qualcuno che capisce chi è Gesù c’è! Sono coloro che egli chiama “fratelli”. Per intuire il mistero di Gesù non sono sufficienti i legami carnali: servono i legami interiori ed esistenziali: «Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella, madre». Per essere fratelli di Gesù non basta far parte della sua famiglia terrena, essere della stessa razza, appartenere alla sua cultura, camminare sulle sue strade: è necessario essere in comunione con lui nel compiere la volontà del Padre, lottando contro il male. Nel Vangelo e nella storia troviamo tanti “fratelli e sorelle” così. 

ANNO DELLA PREGHIERA – 19. Si può pregare quando arriva il decadimento fisico e lo scoraggiamento? Secondo san Paolo, sì. Anche lui, che non è stato un rassegnato e spento ma un uomo d’azione e un missionario indomito, ha sperimentato momenti di stanchezza. Uno di essi affiora nella seconda lettera ai Corinzi, quella più autobiografica. La sua reazione (4,13-5,1), è stata questa: «Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno… Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili». La vita – e Paolo lo insegna! – non è tutta qui, per fortuna. Ma ci sono i “momenti no”, da cui bisogna cercare di uscire. Paolo, dopo questa lettera, ha superato brillantemente tale momento. Evidentemente la preghiera, come atto di abbandono a Dio e come sguardo verso l’alto, gli è stata di aiuto. Può esserlo anche per noi.

 Lidia e Battista Galvagno

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