PENSIERO PER DOMENICA –XVI TEMPO ORDINARIO – 21 LUGLIO
Nei momenti storici drammatici, entrano in scena i profeti più grandi. Gerusalemme è assediata e sta per cadere nelle mani dei Babilonesi. Geremia, dopo aver invano suggerito al re una resa onorevole, lancia un ultimo messaggio: Dio non abbandonerà il popolo, ma dopo la prova invierà un re giusto, che eserciterà diritto e giustizia (Ger 23,1-6). Alcune espressioni del Vangelo (Mc 6,30-34) fanno pensare che questo si sia realizzato con Gesù. È lui allora la chiave interpretativa delle letture della Messa.

Gesù si interessa di noi. Egli è l’opposto dei “pastori” contro cui si scaglia Geremia: «Voi avete disperso le mie pecore, le avete cacciate, non ve ne siete preoccupati». Il vero pastore ha a cuore le sue pecore, si preoccupa per loro, come fa Gesù con i suoi discepoli appena rientrati dalla loro prima missione: fa il possibile per stare per un po’ solo con loro. Il vero pastore – ma anche il vero genitore, il vero educatore, il vero amico – è chi sente il problema dell’altro come il proprio.
Gesù offre il conforto della sua parola. Il modo più semplice e concreto di prendersi cura dell’altro è dialogare con lui, parlare e ascoltare. Circola sui social la storiella di quel bambino che sta raccontando alla mamma indaffarata la sua giornata scolastica. A un certo punto chiede alla mamma che riordina la casa e prepara la cena: «Mamma mi stai ascoltando?». «Certo che ti sto ascoltando: sono tutt’orecchi!». «Allora ascoltami anche con le mani, non solo con le orecchie!». Gesù sapeva ascoltare così. La sua proposta ai discepoli, raccontata dal Vangelo, è chiara e segnala tre condizioni per un incontro-ascolto: «In disparte, soli, in un luogo deserto».
ANNO DELLA PREGHIERA – 25. Forma alta di preghiera è stare soli con Gesù, parlando e ascoltando quanto ci dice. L’ascolto è uno dei vertici della preghiera. Piaceva molto a Gesù che stava in solitudine col Padre, ma poi cercava l’intimità con i discepoli. Nel suo «Venite in disparte e riposatevi» c’è tenerezza, ma anche tre messaggi. Il primo: Gesù sta volentieri a sentire quanto abbiamo da dirgli. Le formule delle preghiere classiche le conosce già: forse ha piacere di ascoltare le nostre parole, la nostra vita! Il secondo: non si può sempre correre; ogni tanto bisogna fermarsi, ascoltarsi, dialogare. Infine, nella vita concreta ci vuole flessibilità: i piani possono anche cambiare. Gesù sente compassione per la folla: «perché erano come pecore senza pastore e si mise a insegnare loro». Ci sono momenti in cui l’amore al prossimo viene prima della preghiera!
Lidia e Battista Galvagno
