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La modella-giornalista che ha incastrato Ferrante: «Non si diventa vittime solo quando si è fragili»

Il procuratore di Asti Biagio Mazzeo ha definito queste prime denunce «la punta di un iceberg»: il sospetto è che ci siano altre vittime di Ferrante: : «Bisogna denunciare, senza timore: non abbiamo colpe. Lancio un appello a tutte le vittime di Ferrante: rivolgetevi ai Carabinieri di Alba».

La modella-giornalista che ha incastrato Ferrante: «Non si diventa vittime solo quando si è fragili»
Stefania Secci.

CORNELIANO Quando incontra per la prima volta nello studio di Corneliano Paolo Ferrante, agente di moda oggi in carcere a Torino accusato di violenza sessuale nei confronti di cinque donne, Stefania Secci non ha particolari dubbi. Tutto sembra a posto: gli spazi curati, il logo, una giovane segretaria come assistente, proposte interessanti. Stefania firma il contratto che le viene proposto.

Siamo a dicembre 2022. Oggi la situazione è del tutto cambiata: la donna, giornalista e attivista, ha permesso di avviare le indagini che hanno portato all’arresto di Ferrante. Per mesi, ha collaborato con i Carabinieri della Compagnia di Alba, ha contattato decine e decine di ragazze, modelle o aspiranti tali, finite nella rete di Ferrante.

Gli inizi e quel progetto sulla violenza contro le donne

Ma come è iniziato tutto? «Vivo a Genova. Sono stati loro a contattarmi, con un semplice messaggio da parte della Models italian academy. La proposta era quella di una collaborazione per servizi nel campo della moda», racconta. «A dicembre 2022, quando ho incontrato Ferrante nella sede, tutto mi sembrava a posto. Ci siamo dati appuntamento per inizio anno, per iniziare con i primi lavori».

E Stefania qualche lavoro inizia davvero a portarlo a casa: servizi fotografici per fantomatici marchi. Per un periodo, collaborano con l’agenzia anche diversi fotografi. Nel mezzo, a febbraio, la modella torna a Corneliano da Ferrante: le propone di realizzare un provino per un progetto sulla violenza contro le donne. «Per assurdo, lui dice “sulle donne” e non “contro le donne”, un segno premonitore». Ferrante le conferma che si tratta di un lavoro importante: tira in ballo la Rai. «Mi è sembrata da subito un’assurdità, non era credibile», prosegue la donna. Le propone di riprodurre una scena, con lui nel ruolo dell’uomo violento e lei della vittima. Una sorta di riproduzione di uno stupro. Lei si rifiuta categoricamente e il discorso si chiude.

Passano i mesi e Stefania chiede a Ferrante di essere pagata per i lavori svolti, visto che non aveva ancora ricevuto nemmeno un euro. L’agente, però, la pone di fronte a una sorta di clausola contrattuale: qualora si fosse rifiutata di lavorare con lui, avrebbe dovuto pagare un’ingente penale. Ad aprile, durante un servizio fotografico in un casolare alle porte di Alba, si verifica il peggio: la molesta sessualmente, mettendole le mani addosso contro la sua volontà. «Da subito ho reagito con decisione e lui ha fatto lo stesso. Ho deciso di tutelarmi e di non animare la discussione. Eravamo da soli: ho temuto per me stessa. Non mi era mai capitato di dover affrontare qualcosa del genere: mi sono sentita violata, è stato orribile», racconta Stefania.

Parte l’indagine contattando altre vittime

Tornata a casa, si rende conto di non poter accettare quanto accaduto. Teme di non essere l’unica. Inizia a setacciare tutti i profili social dell’agenzia, cerca di contattare altre modelle, collaboratrici. Le chiama e le ascolta per ore. Nel frattempo, approda nella caserma di Alba: «Non smetterò mai di ringraziare il maresciallo Claudio Grosso e il capitano Giuseppe Santoro: mi hanno supportata e creduta fin da subito. A piccoli passi, altre donne hanno iniziato a denunciare: Ferrante, facendo leva sulle aspirazioni di chi sogna di entrare nel mondo della moda, tirava nella sua rete ragazze alle prime armi. Per assurdo, anche persone con esperienza, come me: non si diventa vittime di violenza solo quando si è fragili. Con le clausole contrattuali, metteva in piedi una sorta di ricatto: era un modus operandi vero e proprio. Nessuna aveva denunciato, per vergogna, paura o semplicemente perché non avevano fede nella giustizia. Avevo promesso loro che ce l’avremmo fatta a fermarlo: così è stato».

Il procuratore di Asti Biagio Mazzeo ha definito queste prime denunce «la punta di un iceberg»: il sospetto è che ci siano altre vittime di Ferrante: : «Bisogna denunciare, senza timore: non abbiamo colpe. Lancio un appello a tutte le vittime di Ferrante: rivolgetevi ai Carabinieri di Alba».

Francesca Pinaffo

 

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