
CITTADINANZA In Italia ci sono circa 900mila minori senza la cittadinanza italiana, ma a beneficiare di un eventuale provvedimento sullo ius scholae sarebbero circa 300mila: il numero arriva da una elaborazione Openpolis – Con i bambini su dati Istat, ma è un dato sul quale concordano anche organizzazioni come Oxfam e Save the children. Si tratta di circa il 10% dei residenti tra 0 e 17 anni, bambini e ragazzi iscritti nelle scuole d’infanzia, elementari medie e superiori che vivono soprattutto nell’Italia centro-settentrionale. Sono circa il 13% dei minori del centro, il 14% di quelli del Nord-est e il 15% di quelli del Nord-ovest, mentre non raggiungono il 5% nel sud e nelle isole.
Lo ius scholae, secondo le formulazioni discusse in Parlamento, ma mai adottate prevede che possa acquisire la cittadinanza italiana, su richiesta, per il minore straniero nato in Italia che sia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e abbia frequentato regolarmente per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale.
Considerando però i requisiti previsti dalla proposta originaria (nascita in Italia o arrivo prima del compimento dei 12 anni, continuità della presenza e frequenza di 5 anni di scuola), la platea di aventi diritto, secondo il rapporto annuale Istat del 2022 è stimabile in circa 300 mila ragazzi. Si tratta di una stima di massima –
chiarisce l’istituto di statistica – perché basata sull’assunto che abbiano frequentato la scuola dai 6 anni e che non abbiano interrotto gli studi prima dei 16 anni (età limite prevista dalle norme sull’obbligo scolastico).
Oltre il 25 per cento dei ragazzi potenzialmente interessati
dalla variazione della legge risiede in Lombardia. Cinque regioni del Centro-nord – Lombardia, Lazio, Emilia Romagna,
Veneto e Piemonte – ospitano il 68% dei potenziali aventi diritto. Nel 26% dei casi si tratta di ragazzi di origine romena, seguono i cittadini di Albania (10,1%), Cina (9,6%) e
Marocco (9,1%). La graduatoria risente non solo della numerosità delle collettività in Italia ma anche del diverso accesso da parte dei minori alla cittadinanza italiana per trasmissione dai genitori. I cinesi adulti, per esempio, hanno una minore propensione ad acquisire la cittadinanza italiana, di conseguenza i bambini e i ragazzi di questa origine, in base alla normativa vigente, hanno minori chances di diventare italiani durante la minore età; diverso è il caso dei ragazzi albanesi e marocchini, molti dei quali hanno acquisito la cittadinanza nel momento in cui i genitori sono diventati italiani e sono usciti dalla platea dei potenziali beneficiari della legge.
Ansa
