
LAUREA Con la tesi dal titolo “Oltre l’oblio. L’impatto e l’eredità dell’opera di Pinot Gallizio“, Serena Squillari, albese classe 2002, la scorsa settimana si è laureata a pieni voti all’Accademia di belle arti di Firenze. La scelta di concludere il ciclo triennale con un approfondimento sul pittore nato ad Alba nel 1902 e morto nel 1964 è legata principalmente a «una lezione seguita per il corso di Arte contemporanea due, durante la quale la docente, parlando del contesto storico e artistico degli anni Cinquanta, ha iniziato ad approfondire la sua figura. Ha proiettato alcune immagini del mercato coperto, sono rimasta un po’ sorpresa e, guarda caso, la professoressa non si ricordava più il nome della città. Da lì sono partiti il mio interesse e la ricerca, che mi ha portato fino all’archivio Gallizio di Torino. Ho imparato a conoscere bene Gallizio soltanto dopo aver seguito il corso accademico. Strano, soprattutto per una persona nata e cresciuta ad Alba».
L’obiettivo del suo lavoro è stato «mettere in luce e analizzare l’impatto di Gallizio nell’arte contemporanea. La tesi è suddivisa in tre capitoli, il primo si concentra sulla biografia e su chi fosse Pinot prima della pittura. Le sue numerose occupazioni, dal farmacista all’archeologo, lo portarono alla fine del percorso ad abbracciare l’arte. La moglie e il figlio, quando scendeva in cantina per dipingere, pensavano fosse solo un passatempo. Il suo maestro si può dire che fu il giovane Piero Simondo: si verificò un’inconsueta inversione di ruoli, con il cinquantenne Gallizio pronto a imparare da un ventenne. In seguito, ad Albissola, incontrarono Asger Jorn e aderirono al movimento per una Bahuahus immaginista. Ad Alba organizzarono, nel 1956, il Primo congresso degli artisti liberi e, il 28 luglio 1957, a Cosio d’Arroscia furono tra coloro che diedero vita all’Internazionale situazionista. Gallizio fu in seguito espulso: il discorso antielitario e contro la pittura borghese, a un certo punto, è probabile che per lui fosse diventato un po’ stretto. Desiderava avere il proprio spazio nelle mostre. Lo ebbe, postumo, alla Biennale del 1964».
La seconda parte della tesi si concentra sulla tecnica: «Citando la Pittura industriale e la Caverna dell’antimateria ho considerato l’innovazione che all’epoca portò il gesto pittorico su larga scala, trasformato con il taglio e la vendita al metro. Infine, nel terzo capitolo, faccio un focus sulle mostre collettive e sul ruolo che queste esposizioni hanno nello sviluppo dell’arte contemporanea. In particolare, mi sono concentrata su una mostra in Italia e una a Londra».
Serena è ora interessata a proseguire gli studi con la laurea magistrale, sempre all’Accademia di Firenze. «Mi piacerebbe proseguire le ricerche su Gallizio. Ho collaborato molto bene con la direttrice dell’archivio Liliana Dematteis e con Maria Teresa Roberto, curatrice del catalogo delle opere del pittore albese. Mi hanno spinto a continuare, c’è ancora molto da fare. Si potrebbe approfondire, ad esempio, il rapporto con Carla Lonzi, la sua prima critica di fiducia».
Davide Barile
