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Cambiamento climatico / Se la terra fosse stata più fertile noi saremmo rimasti a casa

Siccità: speranza di qualche pioggia da mercoledì

LA STORIA «Ricordo che nel mio paese, in Basilicata, c’erano campi di grano a perdita d’occhio. Si stendevano fino all’orizzonte e in estate esplodeva una siccità estrema, non si poteva coltivare niente. Mio padre era costretto a cercare lavoro in altre città, ma anche qui l’agricoltura annaspava. Fino a quando partì per la Francia».

Elisabetta ha 59 anni, vive ad Alba, oggi ha un marito, una famiglia. È emigrata quando era piccola insieme alla sua famiglia di origine.

Guardando alla sua infanzia racconta di un rapporto con la natura tempestoso, cupo e sofferente. «La siccità è stata una delle prime responsabili della miseria estrema che aveva colpito la mia famiglia, responsabile del motivo per cui mio padre decise che eravamo costretti a partire. Ricordo ancora come mia madre malediva l’aria secca, la polvere e le cavallette che saltavano ovunque. Anche il caldo influiva sulla nostra condizione economica. Mio padre aveva alcune malattie croniche che lo affaticavano, il caldo lo affievoliva. Ricordo che all’inizio era scettico sull’idea di trasferirsi in Francia. Poi qualcuno gli disse: “Lì c’è un vento forte, bisogna ripararsi la testa anche d’estate”. Penso che fu l’idea del freddo, a convincerlo».

Conclude: «Tutti abbiamo patito molto il taglio con le radici. Ricordo che negli anni ’70 quando arrivammo ad Alba erano ancora diffusi il razzismo, gli stereotipi sui meridionali, le discriminazioni e le violenze psicologiche».

In Basilicata, «avevo i miei nonni, ho dovuto lasciarli lì, e questo mi ha spezzato il cuore. Se la terra fosse stata fertile e le temperature più miti saremmo ancora a casa. Lo scorso anno, quando le nostre colline hanno dovuto patire la prolungata siccità, mi sono spaventata: per un attimo ho pensato di essere di nuovo costretta a partire».  v.r.

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