AMBIENTE La stagione della cerca del tartufo è iniziata e, a lanciare un allarme per la salvaguardia dei boschi, è Carlo Marenda di Save the truffle. «Dobbiamo essere consapevoli del fatto che specie aliene, soprattutto l’ailanto, sono una minaccia per la vegetazione autoctona e le piante tartufigene. Se ne trovano sempre più esemplari, anche nei boschi. È necessario adottare drastiche misure di contenimento».
A entrare nel dettaglio delle caratteristiche dell’ailanto, il cui nome scientifico è ailanthus altissima, è Edmondo Bonelli, agronomo e naturalista cofondatore di Save the truffle. «Purtroppo, con le annate siccitose verificatesi negli ultimi anni», spiega, «la situazione è peggiorata. La pianta ha una forte capacità di resistenza ed è riuscita a germinare e svilupparsi pure dove prima non c’era. Il problema è acuito dal fatto che ci sia scarsa conoscenza del tema da parte della popolazione».

La specie fu introdotta in Italia nella seconda metà del Settecento come pianta ospite per il bombice nel tentativo, fallito, di produrre seta. Per il suo aspetto ornamentale si trova in molti giardini e, in passato, è stata usata per le alberate stradali e per consolidare, grazie al fitto apparato radicale, le scarpate ferroviarie.
Continua Bonelli: «Proprio il treno è stato un vettore della sua diffusione, trasportando i semi a chilometri di distanza. Ne abbiamo un esempio lampante dal ponte ferroviario di corso Italia».
Oltre a sottrarre spazio alle piante autoctone «attraverso le radici l’ailanto rilascia sostanze tossiche che risultano nocive per lo sviluppo del tartufo. È un problema che va affrontato ma, spesso, le istituzioni non sanno come agire. Occorre eliminarlo almeno dagli spazi pubblici e pensare a momenti divulgativi rivolti anche agli agricoltori. Il semplice taglio del fusto è insufficiente, occorre estirpare le radici per evitare i ricacci. Sui polloni che emergono l’anno successivo si può utilizzare del disseccante».
Da parte di Enrico Nada, presidente provinciale Coldiretti, c’è «consapevolezza riguardo al problema, va affrontato ma dobbiamo capire come muoverci».
Sul tema interviene anche l’assessore con delega all’agricoltura albese Roberto Cavallo «bisogna prima di tutto contestualizzare il concetto di pianta infestante. Lo era anche la robinia, introdotta nel Settecento e, oggi, risorsa principale per i nostri apicoltori. Detto ciò, l’ailanto è una specie complicata da eliminare. Non voglio sottrarmi alle responsabilità del mio ruolo, ma l’eradicazione totale, per gli alti costi che comporterebbe, per il momento non può essere la priorità del Comune».
Comunque «ci impegneremo per sradicarlo almeno dai parchi e dalle zone di nostra competenza. Dovremo puntare fortemente sulla divulgazione, organizzando incontri formativi rivolti soprattutto agli agricoltori».
Davide Barile
