
LA MORRA Venerdì scorso, nel salone polifunzionale, gli studenti delle scuole medie di Barolo, La Morra e Monforte hanno ascoltato le testimonianze dell’attivista iraniana Azam Bahrami, dell’ex procuratrice afghana Monira Najibzada e della soldatessa italiana Silvia Guberti, che ha prestato servizio in Afghanistan nel 2010.
Il confronto è stato moderato dall’insegnante Marcella Genta, membro dell’associazione Sapori reclusi, che da dieci anni organizza eventi per raccontare le realtà di reclusione.
«L’incontro ha voluto favorire l’apprendimento delle competenze di cittadinanza attiva soprattutto nei giovani, per invogliare gli studenti ad agire come cittadini responsabili e pienamente attivi nella vita comunitaria. È importante incentivare domani la loro partecipazione, non solo al dibattito culturale, ma anche alla gestione attiva della cosa pubblica e al processo decisionale a tutti i livelli», ha dichiarato la vicepreside dell’Istituto comprensivo Stefania Borra.

Azam Bahrami ha iniziato la sua lotta tra i banchi di scuola. Portare libri e porre domande era considerata una forma di dissenso nei confronti del regime e lo è tuttora. La Polizia morale ha dichiarato Azam persona non gradita a causa del suo desiderio di cambiare le cose, dedicandosi, in particolare, all’attivismo per i diritti ambientali. Azam è stata così costretta a fuggire e a richiedere asilo per motivi umanitari. Ora ha iniziato a portare il suo messaggio in Italia, per testimoniare quanto le è successo.
«Pensate a una vostra giornata normale: vi svegliate, vi collegate a Internet, potete scegliere cosa indossare per andare a scuola, dire quello che pensate. In Iran tutte queste attività sono illegali. Le ragazze non possono ballare, fare sport all’aria aperta, scegliere come vestirsi. L’accesso al Web non è disponibile. Se parli, se chiedi, vieni buttato fuori dalla scuola o arrestato. Ti vengono tolti i diritti, il passaporto e la possibilità di studiare», ha raccontato Azam in collegamento video.
In Afghanistan la situazione è piuttosto simile. Monira Najibzada, dopo la caduta di Kabul del 15 agosto 2021, si è rifugiata in Italia e vive a Torino da due anni. «Oggi per le donne afghane non c’è futuro perché la minima libertà guadagnata dopo gli interventi internazionali è stata spazzata via. L’Afghanistan è diventato un grande carcere in cui le donne non possono parlare in pubblico, lavorare, viaggiare senza un uomo, prendere un taxi. Possono uscire di casa solo per motivi di salute e i suicidi aumentano ogni giorno», ha spiegato Monira nel video in cui è stata raccolta la sua testimonianza.
La testimonianza di Silvia Guberti, la tenente con il velo
La condizione delle donne afghane non è sempre stata come oggi. Nel 1921 furono aboliti i matrimoni forzati e infantili, nel 1964 le donne votarono per la prima volta e nel 1977 Meena Keshwar Kamal fondò l’Associazione rivoluzionaria delle donne afghane. Un anno dopo il Governo decretò la parità dei diritti. In quegli anni le ragazze si vestivano come in Occidente.
Poi, sotto i mujaheddin e i talebani è iniziato il declino dei diritti delle donne che, dopo la ripresa grazie agli interventi internazionali, si sono polverizzati nel 2021, col ritorno della sharia.
«Il Ministero degli affari femminili è stato sostituito da quello per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio. Significa affermare che quanto c’era prima era contro la virtù e a favore del vizio», ha spiegato la soldatessa Silvia Guberti.
Soprannominata “la tenente con il velo”, Guberti ha prestato servizio in Afghanistan, dove ha partecipato all’organizzazione del carcere femminile di Herat. «Molte donne erano state incarcerate ingiustamente, accusate di abbandono del tetto coniugale, tradimento o consumo di alcolici. Nel carcere trovavano una condizione di vita preferibile», ha detto.
Sapori reclusi ha anche organizzato la mostra “R-Women 2. Afghanistan”, che a marzo sarà ad Alba. «Artisti e fotografe, tra cui rifugiate afghane, ripercorreranno con le immagini l’evoluzione dei diritti delle donne negli ultimi trent’anni», ha concluso Marcella Genta. m.g.
Matteo Grasso
