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Le magagne del free flow. L’Osservatorio: «Il sistema va rimosso, come in Portogallo»

A seguito delle numerose segnalazioni degli utenti sul sistema di pagamento free flow, introdotto su parte dell'Asti-Cuneo, abbiamo raccolto il punto di vista dell'Osservatorio per la tutela del paesaggio di Langhe e Roero

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IL CASO Il sistema di pagamento free flow, attivo dal 1° settembre sulle parti a pagamento dell’Asti-Cuneo, ha debuttato con non pochi scetticismi. Con il passare dei mesi, la situazione non è migliorata.

Al contrario: il pedaggio senza caselli, ma con una serie di modalità on-line e telematiche per saldare il conto, continua a incassare critiche sempre più insistenti. I punti di controllo sono attivi, ma secondo gli utenti il pagamento si rivela scomodo, complicato, farraginoso e snervante, soprattutto per chi ha poca familiarità per siti e piattaforme. Va meglio per chi è già dotato di strumenti come Telepass, Unipol move o MooneyGo. Tuttavia, anche per questi ultimi, sono emerse diverse criticità.

A raccogliere molte segnalazioni, fin dall’inizio, è l’Osservatorio per la tutela del paesaggio di Langhe e Roero. Ne parliamo con Cesare Cuniberto, che fa parte del direttivo.

Perché tutte queste problematiche, Cuniberto?

«I motivi sono numerosi. In fase di progettazione, non si è voluto tenere conto del fatto che, nella nostra area, solo il 30 per cento degli utenti dispone di sistemi di telepedaggio, a fronte di un 70 per cento che adesso si ritrova alle prese con totem, siti e con nessuna voce umana a cui chiedere informazioni. La tecnologia è utile, ma non è per forza per tutti. E qui si palesa la difficoltà più frequente: pagare è difficile. In secondo luogo, non è stato valutato il fatto che i volumi di traffico sono modesti e, in questo modo, non saranno di certo incrementati».

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Cesare Cuniberto dell’Osservatorio per la tutela del paesaggio di Langhe e Roero

Come stanno andando le altre esperienze analoghe, in Italia e in Europa?

«Piuttosto male, direi. In Portogallo, si sta facendo una rapida marcia indietro sulla base delle proteste, del tutto simili a quelle espresse dal nostro territorio. In Italia, il sistema è utilizzato pochissimo, solo in via sperimentale sulla Pedemontana in Lombardia e sulla nostra A33. Possiamo dire che la Regione Piemonte, con il presidente Alberto Cirio, stanno procedendo nella determinazione di consentire gli esperimenti al gruppo Gavio: a questo punto, potrebbero utilizzare il free flow sulla più remunerativa Torino-Milano».

Oggi come si potrebbero risolvere i vari disservizi?

«Bisogna fare in modo che, come in Portogallo, si torni indietro e vengano spenti i punti di esazione del pedaggio per la A33. Come? Bisogna rivolgersi direttamente a Cirio e Marco Gabusi, assessore ai trasporti. A dar voce alla protesta devono essere anche, accanto ai cittadini, tutte le associazioni di categoria. Bisogna chiedere alla Regione la convocazione di un incontro con i Comuni di Asti e Alba, per conoscere i dati di transito: occorre capire gli effetti che il free flow ha avuto sull’utenza, rispetto alle annualità precedenti. Potremmo anche organizzare uno sciopero bianco, sollecitando il non utilizzo dell’autostrada, oltre a chiedere il rimborso dei danni prodotto ai cittadini. In questo momento, ci stiamo muovendo su più fronti e stiamo incontrando vari interlocutori».

Che cosa ne è stato della richiesta di gratuità tra Castagnito e Cherasco?

«Allo stato attuale, purtroppo, rimane nulla. La richiesta è stata disattesa, anche se motivata e fattibile dal punto di vista economico. Gavio ha speso 15 milioni di euro per allestire il free flow: con gli stessi fondi, avrebbe potuto sollevare gli utenti dal pagamento. L’autostrada avrebbe potuto liberare le strade locali dal traffico, ma con questo sistema non è attrattiva: a farne le spese, in tutti i sensi, sarà il territorio».

 Beppe Malò

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