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Alba: in sala Riolfo si presenta Poeti iraniani, il volume Mondadori di Francesco Occhetto

Francesco Occhetto, dal Roero il traduttore dei poeti iraniani 1

ALBA È appena uscito in libreria Poeti iraniani. Dal 1921 a oggi, titolo della collana Lo Specchio di Mondadori. Si tratta di una selezione dei più importanti poeti dell’Iran vissuti nell’ultimo secolo tradotti da Faezeh Mardani e dall’albese Francesco Occhetto. Il volume verrà presentato nella sala Vittorio Riolfo del cortile della Maddalena sabato 1° marzo, alle 17, con ingresso gratuito. L’incontro è organizzato dall’associazione Intonando nell’ambito del festival Profondo umano e sarà il primo in programma. La presentazione della rassegna è prevista per il giorno precedente, venerdì 28 febbraio, alle 17, nella sala consiliare Teodoro Bubbio.

Sabato Occhetto sarà accompagnato da Patrizia Camatel del Teatro degli acerbi per la lettura di alcune delle liriche raccolte nel volume.

Alba: in sala Riolfo si presenta Poeti iraniani, il volume Mondadori di Francesco OcchettoCome nasce l’idea, Francesco? Perché parlare di poeti iraniani?

«Lo spunto viene da un richiamo verso la letteratura e la filosofia persiana, sorto grazie alla scoperta e all’approfondimento di una figura memorabile della tradizione dell’Iran, Jalal al-din Rumi. È l’autore che mi ha spinto a studiare il persiano e frequentare scienze orientalistiche all’Università di Bologna, dove non solo ho appreso l’immenso patrimonio classico dell’Iran ma soprattutto, grazie a Faezeh Mardani, anche quello contemporaneo. Per merito suo, che da molti anni tenacemente traduce i poeti iraniani d’oggi, ho capito quanto fosse interessante il loro mondo e il linguaggio, fondamentale per capire davvero l’Iran attuale».

L’Iran è un luogo controverso, terra di processi autoritari ma anche di bellezza. Quali sono gli elementi di questa dicotomia che ritiene più importanti?

«In Occidente parlare di Iran significa alludere alla sua situazione geopolitica, sono rari gli accenni agli straordinari tesori archeologici, artistici, letterari e in particolare poetici che custodisce. Prima di essere sede di una teocrazia i cui esiti liberticidi tutti conosciamo, è un Paese dove il linguaggio identitario del popolo è la poesia. In Iran ogni evento significativo della vita delle persone coincide con la recita di un testo poetico classico o contemporaneo in lingua nazionale. Ciò lo si nota nelle città storiche, dove frotte di iraniani, anche molto giovani, si recano letteralmente in pellegrinaggio sulle tombe dei poeti classici come Hafez o Firdusi, aprendone a caso i canzonieri per farsi suggerire il futuro dai rispettivi versi. Qualcosa di emozionante, questa fiducia assoluta nella poesia, che rispecchia l’in-
cantata meraviglia della cultura persiana».

Qual è il ruolo che la poesia può svolgere oggi, in un periodo storico delicato?

«Il ruolo che ha da sempre: risvegliare i cuori, orientando la ricerca umana a una consapevolezza spirituale più acuta e millimetrica. Non concordo con chi dichiara la poesia incapace di salvare il mondo. Credo, all’opposto, che l’oscurità indicibile del mondo, soprattutto di questo tempo sempre più improntato alla sopraffazione e al materialismo, possa essere illuminata soltanto dalla poesia. E poi, la parola poetica è salvifica perché scaturisce dal silenzio. In un passo del suo diario Etty Hillesum confessa: “Vorrei scrivere parole che siano organicamente inserite in un grande silenzio, e non parole che esistono solo per coprirlo e disperderlo: dovrebbero accentuarlo, piuttosto”. La poesia è per me esattamente questo: silenzio che si esprime in un linguaggio speciale, dono fatto ai sensibili e agli attenti, a tutti quelli che ogni giorno praticano la rivoluzione della delicatezza».  

Matteo Viberti

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