
VINO Il 20 ottobre 2025 Verduno avrà modo di festeggiare. Quel giorno ricorreranno i trent’anni da quando il vino che porta il nome del paese ottenne la denominazione di origine controllata. C’è chi in etichetta scrive Verduno, chi invece usa la dicitura completa – Verduno Pelaverga – con riferimento anche al vitigno.
Finora è contata la sostanza: il binomio che vede coesi l’area (al territorio di Verduno si aggiungono parti di La Morra e Roddi) e il vitigno, a lungo confuso con un altro Pelaverga, coltivato sulle colline saluzzesi. Poco prima che venisse approvata la Doc Verduno, una ricerca ampelografica mirata dimostrò che si trattava di un vitigno differente, al quale fu dato il nome di Pelaverga piccolo.
Tra storia e leggenda. Stando alla leggenda, chi dovrebbe andare orgoglioso di questo traguardo è quel beato Sebastiano Valfré al quale fu attribuito il merito di aver introdotto a metà Seicento il vitigno nel paese di Verduno. Ma alla luce della certezza portata dalla scienza dimostrando che il Pelaverga coltivato a Verduno è un vitigno differente da quello presente nel Saluzzese, non si è più del tutto sicuri che quel fascio di barbatelle portato dal beato Valfrè venisse proprio dalle coste saluzzesi. Ma non è così importante. Lasciamo che la leggenda continui a regalare un po’ di fascino al binomio.
Ciò che conta è il fatto che a Verduno non si è mai smesso di piantare e coltivare il Pelaverga piccolo. Magari per tanto tempo lo si è fatto in piccole dimensioni come capitava all’inizio degli anni Ottanta, quando la superficie vitata con tale varietà era di poco superiore ai tre ettari.
La realtà produttiva. In questa zona si è sempre continuato a scommettere sul Pelaverga piccolo. Negli ultimi trent’anni la superficie vitata è via via cresciuta: dai sette ettari del 1995 si è passati ai 17 del 2010, ai venti del 2015, ai 27 del 2020 e ai 34 del 2023.
Ancora più solido è l’incremento che c’è stato nella produzione annuale del vino: se nel 1995 erano state prodotte 39mila bottiglie, nel 2010 la produzione è salita a quasi 133mila pezzi. L’incremento si è rafforzato nel 2015 con 150mila, nel 2020 con 180 e nel 2023 si è arrivati a 245mila bottiglie, per la maggior parte da Verduno, con Roddi e La Morra a seguire. L’attenzione dedicata al Pelaverga piccolo è meritevole anche perché, si noti, la denominazione insiste nella zona del Barolo.
Non sono solo i valori produttivi a meritare apprezzamento, ma anche l’identità e il prestigio che la Doc ha saputo ritagliarsi nel panorama produttivo, come dimostrano le stesse quotazioni, quasi sempre al di sopra dei 10 euro a bottiglia.
Il mercato sta rispondendo: il Verduno Pelaverga Doc vantava una distribuzione in prevalenza italiana, oggi anche l’estero – l’Europa come il resto del mondo – lo ha scoperto e lo sta acquistando.
Ci sarebbe ancora un passo da compiere: abbandonare il riferimento al vitigno. Quest’ultimo può andare dappertutto, mentre l’origine territoriale è unica. E poi mettere troppo in luce la varietà potrebbe alimentare il desiderio di impiantarla in altre zone.
Giancarlo Montaldo
