
ALBA «Non sembra di essere in un carcere, con tutto questo verde». Lo dice uno degli imprenditori che, giovedì scorso, ha visitato la casa di reclusione Montalto di Alba.
Sono circa venticinque i rappresentanti di aziende della zona che hanno risposto all’invito della fondazione Industriali di Cuneo, l’ente nato alcuni mesi fa per valorizzare il ruolo sociale dell’impresa, dall’inserimento delle persone fragili alla ricollocazione di chi si trova in condizioni critiche, come i dipendenti della Diageo.
Tra i punti su cui da subito la fondazione ha iniziato a lavorare, c’è la costruzione di una rete virtuosa insieme alle carceri della provincia. Lo scorso 25 febbraio, nella casa circondariale di Cuneo, è stato firmato un protocollo d’intesa ad hoc con le quattro strutture oggi attive, il Provveditorato all’amministrazione penitenziaria di Torino, gli Uffici interdistrettuali e locali di esecuzione penale esterna di Torino e Cuneo.
Dopo la prima visita al carcere del capoluogo, la seconda tappa ha riguardato il Montalto di Alba. Seguiranno Saluzzo e Fossano, così da avere un quadro completo e sviluppare proposte con cognizione di causa.
Ecco alcuni scatti della visita di Pierangelo Vacchetto:
Perché, come ha precisato da subito Giuliana Cirio, presidente della fondazione, «il nostro obiettivo è portare il lavoro negli istituti della provincia e farlo concretamente». In Italia, esistono già esperienze positive da questo punto di vista, dai laboratori artigianali a vere e proprie linee produttive tra le mura. «Vogliamo allo stesso tempo offrire opportunità all’esterno, nelle nostre aziende, ai detenuti o chi ha concluso da poco il suo percorso ed è alle prese con il reinserimento nella società».
Nessuna visita istituzionale, pertanto. Ma veri e propri sopralluoghi per capire che cosa le singole strutture offrono già a livello occupazionale, a quale tipologia di utenza carceraria si rivolgono e se esistono spazi idonei per progetti di questa tipologia.
Presente alla visita, in quanto parte dell’iniziativa, anche Bruno Mellano, garante regionale delle persone detenute: «Durante i nostri colloqui, circa l’80% delle persone che si trovano in carcere ci chiedono lavoro. Non ne sentono il bisogno solo per una questione di dignità: ciascuno di loro pesa per circa 112 euro al mese sulla propria famiglia, per le piccole spese quotidiane. Per gli imprenditori orientati verso questo tipo di discorso, si tratta di un bacino importante a cui attingere, al di là del valore etico dell’iniziativa».
Anche perché, come ha spiegato Mellano, il lavoro tra le mura non è beneficenza: ogni attività viene retribuita. Al Montalto, è già così per tutti coloro che si prendono cura delle viti da cui nasce il vino Vale la pena, delle nocciole e delle serre: un progetto ormai radicato, che ha resistito anche alla chiusura del 2016 e all’arrivo di una nuova popolazione carceraria: gli internati.
Il carcere riaprirà entro l’anno
Il carcere albese oggi è, per la porzione più consistente, un grande cantiere. Il corpo centrale, quello più ampio, è interessato da importanti lavori di ristrutturazione. È stato possibile vederne alcune parti. «Sarà pronto entro l’anno», ha detto l’attuale direttore della struttura, Nicola Pangallo.
A non essere interessata dal cantiere è la palazzina in passato destinata ai collaboratori di giustizia: è qui che, in camere da due o quattro posti, si trovano i 45 internati oggi presenti, uomini che hanno concluso la loro pena, ma che sono considerati socialmente pericolosi. A loro, in un altro spazio, si aggiungono 10 semiliberi.
Per la loro evidente fragilità, con gli internati non è stato facile portare avanti i progetti agricoli. Ma poi i corsi di formazione sono ripartiti, come spiega Giovanni Bertello, il responsabile agronomico: «Il primo gruppo, formato da 11 persone, sta per concludere il suo percorso. Ne partirà un secondo». Certo, progetti di questo tipo vanno anche sostenuti dai livelli più elevati. E i segnali da questo punto di vista, di recente, non sembrano incoraggianti. Ha ripreso Pangallo: «A pieno regime, quando i lavori saranno ultimati, il carcere potrà ospitare fino a 170 detenuti».
Si potrebbe pensare ad attività aggiuntive a quelle agricole, magari anche sfruttando gli spazi interni, in base alle varie destinazioni già previste: «Il momento attuale, per la struttura, è di evoluzione. Siamo lieti di poter accogliere proposte e ragionare su collaborazioni».
Nel frattempo, gli imprenditori di Langhe e Roero hanno preso appunti. Alla fine dei sopralluoghi nei quattro istituti verranno tirare le somme di quanto rilevato, per entrare nelle fasi successive del progetto.
Francesca Pinaffo
