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Dodicimila firme contro la riforma dei medici di famiglia

Liste d’attesa, si lavora la sera e i fine settimana
Foto Marcato

PROVINCIA DI CUNEO In poco più di una settimana la sezione provinciale della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) è riuscita a raccogliere dodicimila firme nella Granda, da mandare al presidente della Regione Alberto Cirio, contro la bozza di riforma che vorrebbe far passare al pubblico l’intera categoria, fatta di liberi professionisti convenzionati. Un risultato ancora più positivo se si considera che il voto è possibile solo dal vivo negli studi aderenti all’iniziativa.

L’obiettivo è difendere il rapporto fiduciario con i pazienti e il diritto di scegliersi il proprio dottore, come si legge in una nota stampa del sindacato: «Una tale riforma rischia di essere un ulteriore passo verso lo smantellamento del sistema sanitario nazionale, aprendo la strada in maniera indiretta a una desertificazione di ciò che resta dei servizi sanitari territoriali».

I medici di famiglia scendono in piazza
Andrea Gonella.

Nella bozza anticipata dal Corriere della sera si è parlato non solo di assunzioni nel pubblico, ma anche di esercitare la professione all’interno dei nuovi presidi territoriali, le case di comunità, garantendo una copertura dalle 8 alle 20. L’impegno, stando al documento, sarà di 38 ore settimanali con una ripartizione in base al numero di pazienti.

Andrea Gonella, vicesegretario vicario di Fimmg Cuneo e medico in servizio nel Roero, afferma: «Abbiamo iniziato una serie di iniziative su scala nazionale: con i colleghi abbiamo fatto delle assemblee per confrontarci, mentre all’esterno abbiamo proceduto su due vie».

In primis «abbiamo parlato con le Amministrazioni locali dei centri più piccoli, che potrebbero essere danneggiati maggiormente, creando serate informative e dicendo che c’è il rischio che si perda la capillarità degli studi. Poi, abbiamo aperto ai cittadini una raccolta firme del tutto apolitica in cui si chiede di poter scegliere il proprio medico e di mantenere il servizio com’è tutt’ora».

Non si tratta di un attacco alle case di comunità, anzi «ben vengano se rappresentano uno strumento integrativo sul territorio. Ci sono già attività svolte in questi luoghi dai medici di famiglia, ma se diventano una sostituzione non siamo d’accordo». 

Lorenzo Germano

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