
INTERVISTA A Giovanni Olivieri è toccato in sorte un piccolo, grande privilegio: quello di prendere congedo dal lavoro (come cantava Morandi, ormai solo «uno su mille ce la fa!»), presentando al pubblico un progetto che ha chiuso nel modo migliore il suo percorso professionale presso l’Asl Cn2 come direttore dell’area A, quella che si occupa della sanità animale.
«È così, ho concluso spiegando che la nostra Asl, sia per Alba che Bra, ha attivato un servizio di assistenza veterinaria di base dedicato agli animali d’affezione», esordisce Olivieri. «Il servizio è rivolto alle persone che possono avere difficoltà ad affrontare le spese per accudire i loro animali e, per questo, l’attività dell’ambulatorio è gratuita, erogata attraverso i consorzi di socioassistenza. Per ora si occupa di funzioni di base come le analisi, le vaccinazioni, e l’iscrizione negli elenchi anagrafici, ma speriamo di poter allargare presto il lavoro anche alla sterilizzazione per contrastare il fenomeno del randagismo».
Come è iniziato il viaggio che, dopo la pensione, darà inizio a una nuova fase della sua vita, Olivieri?
«Ho 70 anni e posso dire di possedere un Dna “langhetto” al cento per cento. Sono nato a Cortemilia dove ho studiato sino al termine delle scuole medie. Volevo proseguire gli studi e a quei tempi c’era un solo modo: far buon viso a cattivo gioco e andare in collegio. Io andai ad Asti, al Fulgor, per poter frequentare una scuola tecnica e professionale che avrebbe fatto di me uno specialista nella lavorazione dell’alluminio. Il periodo di formazione e lavoro svolto in un’azienda mi fece capire che quella non era la mia strada. Amavo le colline e l’ambiente da cui ero venuto. E compresi che volevo diventare veterinario. Mi iscrissi al primo anno a Torino, ma non era la città giusta per me. Che, invece, trovai a Parma dove conclusi gli studi laureandomi in medicina veterinaria. Poi andai a Pinerolo per il servizio militare svolto alla Scuola alpina di veterinaria. Tornato a casa iniziai il lavoro che, ai tempi, era in grandissima parte dedicato ai bovini. Successivamente ho iniziato a collaborare con l’allora Ussl 65 e ho proseguito con vari incarichi e competenze nel campo della salute animale».
Mi ha accennato alla sua grande passione per la viticoltura e l’enologia…
«Mio nonno aveva una piccola vigna “eroica”, circondata da un bosco, a Pezzolo Valle Uzzone, in alta Langa. Col tempo è diventata mia ed è la più grande passione che ho. Poco per volta ho imparato a coltivarla e ne ho fatto un luogo di perfezione. Devo tutto a Bruno Rivetti, alla sua esperienza e sapienza. Oggi i miei diciotto filari di Merlot, la nostra vendemmia dura meno di tre ore, producono un ottimo vino Langhe Rosso Merlot che ho chiamato “Baloo” nel ricordo del mio primo Rottweiler. Sono anche un bravo sommelier e aiuto mia moglie nel suo ristorante».
Come si è appassionato alla cura degli animali d’affezione?
«Un giorno sono arrivato in una cascina per visitare una mucca. Nel cortile ho visto un cane alla catena che aveva come casa un contenitore di metallo: gelido in inverno e rovente in estate. Ho chiesto al proprietario per quale motivo quel cane fosse così maltrattato. Per tutta risposta mi disse che il cane stava persino meglio di lui. Ho replicato promettendo che, se nel corso di un altro incontro le cose non fossero cambiate, avrei sostituito lui al cane. Mi chiamò tre giorni dopo per invitarmi all’inaugurazione della nuova casa, e vita, del cane. Oggi ho quattro cani e otto gatti».
Come ha vissuto questi anni di professione?
«Come un professionista incaricato di un lavoro importante: essere dalla parte della salute degli animali e spiegare agli allevatori che avere cura dei loro animali è un investimento che paga in termini di qualità del lavoro e di economia di scala nella gestione di ogni tipo di allevamento. Una filiera che riguarda anche noi in quanto consumatori di prodotti zootecnici, oltre che alimentari».
A cosa sta pensando in questi giorni?
«Penso che la passione non va in pensione. Torno in ufficio volentieri per dare un aiuto in caso di necessità. Rifletto spesso con gratitudine alle parole che sono scritte su una targa che mi è stata consegnata anni fa, al lavoro svolto per arginare la peste suina che potrebbe azzerare la suinicoltura in provincia di Cuneo che vale oltre un milione di maiali. E poi penso alla cosa che mi sta più a cuore: non ho mai negato il mio aiuto a nessuno che ne avesse bisogno. Proprio a nessuno».
Beppe Malò
