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30 anni de La Carovana / Gianni Maroccolo questa sera in San Domenico

“Il sonatore di basso sale sulla Carovana” è la formula con cui l’associazione albese invita a uno dei principali appuntamenti per il suo trentennale, il concerto di Gianni Maroccolo, questa sera, mercoledì 25 giugno, alle 21 in San Domenico

30 anni de La Carovana /

di Davide Barile

ALBA“Il sonatore di basso sale sulla Carovana” è la formula con cui l’associazione albese invita a uno dei principali appuntamenti per il suo trentennale, il concerto di Gianni Maroccolo, questa sera, mercoledì 25 giugno, alle 21 in San Domenico. Lui è tra i massimi rappresentanti italiani dello strumento a quattro corde: ha fatto parte di formazioni come Litfiba, Cccp, Csi, Marlene Kuntz. Con i Csi, il 5 ottobre 1996, tenne il concerto Un giorno di fuoco in omaggio a Beppe Fenoglio.

Per il suo ritorno in San Domenico, spiega, «non ci sarà un concerto convenzionale ma una sperimentazione sonora composta dall’interazione tra pubblico e musicisti. Con me ci saranno il cantante Andrea Chimenti, l’editore Andrea Salvi e Mur Rouge. Quest’ultimo, pure lui bassista, si è occupato della trascrizione di spartiti e tablature di oltre cento mie linee di basso, contenute nel libro Il sonatore di basso. Lo presenteremo durante la serata basandoci su un canovaccio».

Quando capì che sarebbe diventato un sonatore di basso?

«La musica mi ha sempre appassionato e, da giovane, quando abitavo in Sardegna, dormivo con una radiolina a transistor sotto al cuscino e ascoltavo brani dal mondo intero. Alle medie mi iscrissi al doposcuola per imparare a suonare, scegliendo tutti gli strumenti disponibili. Al termine dell’anno scolastico, il maestro disse che per il concerto mancava un bassista. Ci provai e, da allora, mi innamorai dello strumento. Abituato a chitarra e organo, che permettono di fare armonia e polifonia, rimasi affascinato dalla possibilità, con il basso, di ottenere una sola nota alla volta. Da allora, ho tentato di spremere sempre più lo strumento per far uscire note e melodie. Mi rendo conto di aver creato un modo personale di suonarlo».

Perché, rispetto ad altri strumenti, il basso è meno conosciuto?

«Nella musica classica, ti accorgi più quando il contrabbasso è assente rispetto a quando è presente. Con la musica moderna accade la stessa cosa ma l’elemento ritmico è più marcato e assume maggiore importanza. A parte qualche eccezione, il basso è uno strumento nato per avere un proprio ruolo nella musica d’insieme. Il bassista, poi, è una figura strana, resta nascosto. Mi è capitato di sentirmi domandare “ma perché stai sempre lì dietro con quella bella chitarra a quattro corde?”. Il bassista, da solo, può modificare i pezzi e le tonalità spostando ritmicamente di un ottavo o un sedicesimo: rispetto a quanto si possa pensare, ha molte possibilità creative».

Ci si abitua alla sensazione di aver fatto parte di gruppi che hanno segnato la storia della musica?

«Per quanto io non abbia raggiunto, anche per scelta, la ricchezza o la popolarità, a 65 anni sono consapevole e orgoglioso del mio piccolo passaggio sulla Terra. Ho vissuto e collaborato con artisti e musicisti che mi piacevano. 17 re con i Litfiba, Epica etica etnica pathos con i Cccp, Linea gotica con i Csi, Vdb 23 con Claudio Rocchi sono piccole cose che rimangono e gratificano. Lo dico senza presunzione e a distanza di anni. Fino agli esordi con i Litfiba pensavo di viaggiare sulle navi mercantili, non di vivere di musica».

Quale consiglio darebbe ai giovani musicisti?

«Penso che ogni generazione debba essere consapevole del periodo in cui vive. Quando iniziai, era importante avere un disco autoprodotto e un’etichetta per i concerti. Oggi, il contratto discografico serve quasi più a niente, devi sbatterti per trovare il tuo posto. Poi, bisogna capire qual è l’importanza della musica per te. Se è un mezzo per diventare un personaggio e raggiungere la ricchezza è un conto. Il discorso cambia quando decidi di costruire un percorso di qualità senza badare alle mode: solo così potrai diventare un musicista longevo».

Che ricordi ha di quel 5 ottobre 1996 ad Alba?

«Il 5 ottobre rimane dentro il cuore e la mente, non si cancella. Quella chiesa gremita dava un senso di sacralità ed emozione. Inizialmente ci fu qualche problema, molta gente non riusciva a entrare, ma tutto si risolse. Le testimonianze dei familiari e degli amici di Beppe Fenoglio mi rimarranno sempre impresse. Per fortuna vi è un documentario di Guido Chiesa per rivivere quella serata. Nessuno di noi si aspettava una tale partecipazione. Quando ci arrivò la proposta, avevamo pubblicato da poco Linea gotica: accettammo con umiltà e senso del dovere».

Gli altri appuntamenti 

Sempre per il trentennale della Carovana, in San Domenico proseguirà, fino al 29 giugno, la mostra “Artefatti fatti ad arte”, curata da Enzo Massa. Prima di Maroccolo la chiesa ospiterà, martedì 24 alle 21, il concerto del coro La la guys, diretto da Simona Colonna. Venerdì 27, alle 21, Roberto Tibaldi presenterà lo spettacolo sulle Multivisioni in ricordo di Marco Brovia. Altri due spettacoli sono in programma alle 17 di sabato 28, con La locandiera reloaded della compagnia Gli instabili, e di domenica 29 con Il testamento, monologo sulla disabilità scritto da Danilo Reschigna.  

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