
AVIS CUNEO Dal 22 marzo, alla guida dell’Avis provinciale c’è Valentino Piacenza, che ha sostituito l’albese Flavio Zunino, in carica dal 2020. Proveniente dall’Avis di Cavallermaggiore, Piacenza, 69 anni e 180 donazioni, è anche consigliere regionale da oltre vent’anni e, da qualche tempo, nell’assemblea nazionale.
«Il nuovo presidente nazionale, Oscar Bianchi, è stato eletto a fine maggio. Prossimamente, assegnerà le deleghe a ognuno di noi. Era dai tempi di Giorgio Groppo che Cuneo non aveva più un rappresentante nazionale», spiega Piacenza.
Del direttivo provinciale «fanno parte anche alcuni giovani, una delle quali ha appena diciott’anni. Chi è più anziano, come me, deve favorire l’inserimento delle nuove generazioni. Ora stiamo programmando le attività per il 2026: seguendo l’esempio di Flavio, dobbiamo continuare a migliorare».
Nell’area di diffusione di Gazzetta, l’Avis della Granda comprende le sezioni di Alba (quella con più donazioni, 4.482),Bra (2.041),Dogliani (305), Cherasco (299), Govone (74), La Morra (185) Santo Stefano Roero (79) e Sommariva del Bosco (334).
Prosegue Piacenza: «Siamo tra le province più virtuose, in Piemonte siamo dietro soltanto a Torino. La nostra è una regione che si colloca nell’elenco di quelle che donano di più: tra queste, ci sono Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana. Il nostro fabbisogno è coperto, le sacche in più le inviamo in Sardegna, dove è diffusa l’anemia mediterranea. Ogni malato può avere bisogno di sessanta sacche ogni anno».
Negli ultimi tempi «abbiamo incrementato le donazioni di plasma. Per il secondo anno, venerdì 13 giugno abbiamo organizzato la ventiquattro ore del plasma, donazioni collettive nei centri di raccolta di Cuneo, Mondovì e Savigliano: in tutto, abbiamo raccolto 160 litri». Comunque, «nel 2024 in Italia sono stati donati 900mila kg di plasma: l’obiettivo è arrivare a un milione e mezzo nel giro di qualche anno. È un componente fondamentale anche per fabbricare medicinali salvavita. In Italia, a differenza di altri Paesi, sangue e plasma sono donati e non venduti. Grazie a tale legge, evitiamo l’ingresso delle multinazionali e il conseguente rialzo dei costi».
Oltre a chi dona sangue, «per far funzionare l’Avis servono i volontari che aprano la sede, gestiscano i rapporti con i centri di raccolta e si occupino di tutta la burocrazia. È un impegno quotidiano, che però ripaga: rispetto alle località in cui si dona solo in ospedale, dove sono presenti l’Avis o altre associazioni si riesce a fidelizzare il donatore».
Davide Barile
