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Enrico Crippa presenta il format Studio+ al ristorante Piazza Duomo

A vent’anni dall’apertura del locale tristellato di piazza Risorgimento, lo chef brianzolo non smette di rinnovarsi

Enrico Crippa
Enrico Crippa © Cigliutti

ALBAEnrico Crippa, a vent’anni dall’apertura del ristorante Piazza Duomo e dopo aver scalato tutte le guide gastronomiche mondiali, ha presentato un inedito format che prende il nome di Studio+, uno spazio privato in cui lo chef accoglie fino a otto ospiti per un’esperienza intima.

«Cucinare è un atto che nasce dal cuore e dalla ragione, serve una buona dose di applicazione, studio e ricerca. Parliamo di una fucina in cui i suoi abitanti, i cuochi, non esauriscono mai le loro energie creative, pronti a sfidare le nozioni apprese e gli ingredienti più vari», ha raccontato Crippa.

Sul nuovo progetto ha commentato: «Come nello studio di un artista, nel nuovo spazio provo a mettermi in gioco coi miei otto commensali, per inventare ogni giorno un menù personalizzato e che segue la freschezza delle materie prime. Lo “studio” è da sempre lo spazio immaginifico per antonomasia dove l’artista crea e nel quale si condensano memorie, ricordi, ispirazioni, relazioni, emozioni ma anche oggetti, materiali simbolici o concreti che compongono la fonte ispiratrice dell’opera».

Poi, lo chef stellato ha aggiunto: «Lo studio è il cuore pulsante della produzione artistica dove coabitano creatività e tecnica, passione e disciplina, il luogo sacro dove tutto prende vita e così ho pensato dovesse essere questo mio nuovo spazio, soprattutto un luogo di condivisione e di scambi d’idee mentre faccio ciò che più mi appassiona, cucinare».

Enrico Crippa presenta il format Studio+ al ristorante Piazza DuomoIl 19 giugno andrà in scena a Torino la premiazione della guida inglese 50 Best restaurants. Sarà un grande palcoscenico per il Piemonte. Voi ora siete al numero 39, per questa edizione dobbiamo aspettarci grandi sorprese?

«Sarebbe bello anche per me conoscere cosa accadrà il 19 giugno e loro sono bravissimi a tenere il segreto fino al giorno della proclamazione. Da parte mia però sono fermamente convinto che sarà un grande successo per le eccellenze del nostro territorio che potranno essere provate e degustate dai massimi esponenti della ristorazione e i talenti più creativi della cucina internazionale».

Uno dei suoi menù è Art bites, ovvero incontro tra arte e cucina dove le portate prendono i nomi dei grandi artisti, come è stato concepito e quando sarà disponibile?

«Art bites è un menù che nasce per mettere assieme piatti che negli anni ho creato ispirandomi a opere che ho amato oppure artisti che mi hanno emozionato. L’idea è di appagare l’occhio e il palato, ma lasciando sempre viva la mia necessità di lavorare con la stagionalità e con il mio orto. Quindi i piatti cambiano spessissimo e continueranno entro il limite che ci siamo dati di 999 pranzi, perché il menù è esclusivamente disponibile a pranzo nei giorni di mercoledì, giovedì e venerdì».

Nell’orto si coltivano vegetali provenienti da ogni continente, quali sono stati i più difficili da reperire e i più particolari da cucinare?

«L’orto è una mia piacevole ossessione e muta in continuazione nei suoi vegetali perché assieme al mio collaboratore Andrea Mastropietro, che mi segue e cura l’orto da qualche anno, amo cambiare. Cosa cerco è il gusto, il profumo che mi sorprende e che sa dare completezza o valorizzare un piatto. Nel tempo ne abbiamo coltivati tantissimi e tutt’ora ci arrivano semi da ogni angolo del pianeta. Abbiamo scoperto che esistono centinaia di appassionati. Una varietà che mi ha entusiasmato è stata la Ficoide glacialis, una pianta succulenta ricca di acqua da cui il nome glacialis, poiché la superficie delle sue foglie sembra abbia delle goccioline di rugiada. Ha un sapore sapido ed è croccante al morso, io la amo proporre con una piccola brunoise di agrumi e pesci a carne bianca».

Nelle Langhe sono presenti sia ristoranti di alta cucina sia trattorie molto classiche. Come convivono insieme queste due realtà, al turista straniero piace sperimentare?

«Tutto ciò è fantastico ed è un bene che le Langhe mantengano una forte tradizione della loro identità gastronomica. Uno dei motivi che mi hanno spinto ad accettare la proposta dei Ceretto nel 2003 è stata proprio la ricchezza degli ingredienti che qui avete, in ogni paese ci sono prodotti tipici straordinari che sono un tesoro per chi fa il mio lavoro. Poi credo sia fondamentale poter far vivere la creatività e quindi avere proposte nuove che valorizzino i prodotti ma con una prospettiva differente. Il turista che viene qui, in fondo, ha come grande motivo di attrazione il vino, straordinario e unico che si produce nelle Langhe e il cibo, quindi ben venga che possa goderne scegliendo nella sua permanenza stili differenti».

Come vede le Langhe oggi e nel prossimo futuro?

«Io sono arrivato nel 2003 e le Langhe non erano ancora così popolari come negli ultimi anni. Ho visto crescere la fama di questo territorio e l’offerta gastronomica ed enologica. Le Langhe stanno bene, sono amate e apprezzate».

Qual è la bottiglia di Barolo che avete in cantina più significativa per lei?

«Io ho avuto il privilegio di essere stato portato nella vostra regione da una grande famiglia di barolisti. Ricordo ancora benissimo il primo incontro con Bruno Ceretto che sognava per Alba e le Langhe un ristorante come poi è diventato Piazza Duomo. Per questo motivo e per l’affetto e la riconoscenza che ho per lui il Barolo più significativo per me è il Cannubi San Lorenzo 2003, amato dal signor Bruno e coetaneo del mio arrivo».

Filippo Bonardo Conti

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