
ALBA La Famija albèisa compie settant’anni e si prepara per una serie di iniziative. La prima sarà sabato 7 giugno alle 17 nella sede di via Pierino Belli. Dopo i saluti dei rappresentanti delle istituzioni, del presidente Massimo Lampugnani e del suo predecessore Antonio Tibaldi, interverranno diversi relatori.
Come ha spiegato Luigi Cabutto, attuale vicepresidente e storico della Famija, «ci saranno Tonino Buccolo e Nando Vioglio, testimoni dei cambiamento della città attraverso le loro macchine fotografiche. L’architetto Claudio Ellena illustrerà i lavori di restauro effettuati negli anni nella chiesa di San Domenico, bene recuperato dalla Famija e concesso in gestione dal capitolo della cattedrale di Alba. Parlerà poi l’ingegnere Giuseppe Gobino, il primo a salire sul tetto del San Domenico per verificarne lo stato di conservazione».

Marilisa Riolfo «porterà un ricordo del padre Vittorio, la penna della città nel Dopoguerra e, fin dall’inizio, parte del nostro ente. Tra i presenti ci sarà anche la Famija turinèisa con Marco Reiteri, colui che impersona Gianduja».
Al termine sarà servito un rinfresco e, a tutti i partecipanti, sarà consegnata in omaggio una stampa di pregio. Proprio dalla Famija turinèisa, giunta quest’anno al suo centenario, la Famija albèisa deve parte delle origini.
Prosegue Cabutto: «Verso la fine dell’estate 1954, l’albese Luigi Bertoncini, economo a palazzo comunale, cominciò a tessere un’ordinata trama di contatti con amici che, come lui, avevano il pallino di fare qualcosa per Alba. A settembre il gruppo cominciò a riunirsi quasi ogni settimana all’albergo Savona e furono organizzati incontri con la Famija turinèisa. Presi dagli albesi come modello, i torinesi diedero ogni possibile aiuto e consiglio».
In seguito «fu spedita una cartolina invito datata 12 marzo 1955 per convocare al Savona i maggiori esponenti del mondo albese e dare vita alla nuova associazione. Il gruppo promotore si rafforzò con la presenza di Luciano De Giacomi e Francesco Manzone. Al nuovo sodalizio aderirono oltre duecento persone e la prima assemblea fu convocata per mercoledì 1 giugno 1955. Edoardo Barbero, insegnante alle superiori, parve ai promotori l’ideale figura per presiedere la neonata Famija albèisa, all’epoca unico ente cittadino promotore di cultura. Per molti anni, ha mantenuto questo primato».
Leggendo lo statuto, redatto nella variante albese del piemontese, si legge che lo scopo della Famija albèisa è «Mantenere vive le antiche e gloriose tradizioni della nostra città e della nostra regione attraverso ogni strumento e iniziativa necessari».
Davide Barile
