
PENSIERO PER DOMENICA – XVII TEMPO ORDINARIO – 27 LUGLIO
Le letture della XVII domenica sono sulla preghiera di domanda, la più spontanea e naturale. Tutti impariamo a “domandare” – cibo e attenzione – prima che a parlare. Ma la domanda va educata: ai bambini si dice di chiedere “per favore”! Le letture ci insegnano come rivolgere a Dio le nostre domande. I “maestri” sono Abramo che intercede per Sodoma (Gn 18,20-32) e Gesù, che, sollecitato dai discepoli, insegna il Padre nostro e, con la parabola dell’amico importuno, invita a pregare con insistenza (Lc 11,1-13).
Chi prega è perché ha fiducia. È la premessa di ogni preghiera. Abramo crede che Dio possa perdonare il peccato di Sodoma – che è stato soprattutto la mancanza di ospitalità per gli stranieri! – e, in un mercanteggiamento tipicamente orientale, mette sul piatto della bilancia la presenza in città di alcuni “giusti”. La preghiera insegnata da Gesù non è un mercanteggiare, ma un atto di fiducia totale, espresso dalla parola “Abbà-Pa-
dre”. Rivolgersi a Dio chiamandolo “Padre” è una novità. In tutto l’Antico Testamento ebraico non ci si rivolge a Dio chiamandolo “Padre”. L’espressione compare solo in due passi di Siracide e Sapienza, ma sono libri redatti in greco, esclusi dal canone ebraico.
Gesù insegna ad andare all’essenziale. Il Padre nostro è una preghiera essenziale ma Luca propone una versione più breve. Probabilmente la versione di Matteo era in uso nelle comunità di origine ebraica; quella di Luca in ambienti di origine pagana. La lettura liturgica è come un ripasso della preghiera appresa da bambini. Chiedendo «sia santificato il tuo nome», invitiamo Dio a farsi riconoscere per quello che è. Ma già Ezechiele profetizzava che questo è responsabilità nostra: «Mi mostrerò santo in voi, agli occhi delle genti». «Venga il tuo regno»: non solo alla fine dei tempi, ma qui e ora: per questo Gesù si è incarnato. Nelle ultime tre invocazioni, Gesù ricorda gli elementi essenziali della vita: pane, perdono e aiuto nella prova.
Perché con insistenza? La parabola dell’amico importuno che, con l’insistenza, ottiene quanto desidera sembra in contrasto con l’invito di Gesù a non moltiplicare “vane parole”, perché il Padre sa già di cosa abbiamo bisogno. In realtà, come diceva un maestro di preghiera don Gasparino, con questa parabola Gesù insegna che Dio, proprio perché è un papà, non è un bancomat, ma una persona con cui relazionarci. L’insistenza serve a noi, prova e rafforza la nostra fede. Ci dispone ad accogliere il dono dello Spirito Santo. A volte Dio ci dà più di quanto chiediamo!
Lidia e Battista Galvagno
