
di Paolo Cavaglià
ASTI – L’ordinanza firmata del presidente della Provincia e sindaco di Asti Maurizio Rasero, che autorizza l’abbattimento dei piccioni con trappole e fuori città, anche con armi da fuoco da parte dei titolari di porto d’armi, ha scatenato le ire del circolo Sostenibilità equità solidarietà: «Un atto barbarico, incompatibile con una gestione ecologica della città. La decisione non ha nulla a che vedere con il rispetto del benessere animale e ignora soluzioni alternative, come il mangime sterilizzante, già adottate con successo altrove».
Le attiviste Patrizia Montafia e Sabrina Mossetto parlano di un provvedimento che rischia di diventare un pretesto per cacciare in periodi di divieto, mentre sui social circola una lettera per chiedere l’annullamento dell’ordinanza: «Il confronto si fa con le idee, non con le gabbie e i fucili», si legge nella petizione.
Le attiviste chiamano in causa anche il Partito democratico astigiano, accusandolo di aver offerto a Rasero l’assist perfetto con un’interpellanza sul “decoro urbano”, trasformata in un’azione concreta che comporterà «decine, forse centinaia di animali eliminati».
La protesta di mercoledì 13
Parte dagli ambientalisti di Sequs e dagli attivisti Lav la convocazione di una manifestazione di protesta per mercoledì 13 agosto dalle 11, sotto i portici del palazzo della provincia di Asti nel corso della quale verrà richiesto il ritiro dell’ordinanza.
Il parere del legale
L’avvocato astigiano Erik Stefano Carlo Bodda, che come professionista del diritto si occupa da anni di questioni ambientali e amministrative, ha approfondito la questione giuridica redigendo un parere pro veritate «per fare chiarezza su una vicenda che sta interessando profondamente il territorio astigiano in questa torrida estate».
«Il caso del piano di controllo del colombo della Provincia di Asti rappresenta un esempio paradigmatico delle tensioni che caratterizzano la gestione della fauna urbana nel diritto contemporaneo. Da un lato, l’Amministrazione provinciale ha adottato un approccio che presenta elementi di solidità tecnica e giuridica, dall’altro le associazioni animaliste e ambientaliste sollevano criticità concrete che potrebbero compromettere la legittimità del provvedimento», riporta Bodda nelle conclusioni.
Il Piano, pur presentando alcuni punti di forza, tar cui la competenza della Provincia nell’esercitare le attribuzioni conferitegli dalla legge regionale e l’oggettività dei censimenti usati come base scientifica, sia caratterizzato da significative criticità che offrono concrete possibilità di successo per un’eventuale impugnazione giurisdizionale attraverso un ricorso al Tar.
«La vicenda solleva questioni più ampie sulla necessità di trovare un equilibrio sostenibile tra esigenze di gestione urbana, tutela della salute pubblica e rispetto
dei principi di protezione animale e ambientale sanciti dalla Costituzione», scrive l’avvocato. «La strada della mediazione e del dialogo costruttivo tra le parti potrebbe rappresentare la soluzione più saggia, privilegiando l’adozione di metodi alternativi scientificamente validati che consentano di raggiungere gli obiettivi di controllo demografico senza ricorrere a misure cruente. L’evoluzione del diritto ambientale richiede oggi più che mai un approccio pragmatico e scientificamente fondato, capace di superare le contrapposizioni ideologiche per trovare soluzioni equilibrate e sostenibili. Il territorio astigiano ha l’opportunità di diventare un laboratorio di
sperimentazione di buone pratiche nella gestione della fauna urbana, a beneficio dell’intera collettività».
