
ENOLOGIA – «Chiediamo al Governo italiano e, assieme al Ceev (Comité européen des entreprises vins), alla Commissione europea che il negoziato Ue-Usa sul vino prosegua nelle prossime settimane e che il nostro prodotto venga inserito nella lista dei prodotti agricoli europei a tariffa zero o a dazio ridotto. Una richesta espressa non solo la Us wine trade alliance ma anche la National restaurant association statunitense».
Lo fa sapere il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi, alla luce dell’applicazione dei dazi al 15% dal 7 agosto per i vini europei importati negli Usa, che non prevedrebbe esenzioni. Secondo un’analisi dell’osservatorio Uiv, è il Veneto, con circa 600 milioni di euro e una quota al 21% sul totale delle esportazioni, la regione che spedisce più vini negli Stati Uniti. Con il Brunello di Montalcino, il Chianti e gli altri rossi a denominazione d’origine, la Toscana è l’altra grande regione esportatrice, con una share statunitense rispetto all’export complessivo che arriva al 32%, pari a circa 380 milioni di euro. Sul podio per valore c’è il Piemonte, che deve al mercato americano il 21% del suo fatturato estero, grazie ai rossi ma soprattutto al Moscato d’Asti con il 60%. In termini di esposizione al mercato Usa, è però il Trentino-Alto Adige a detenere la quota maggiore tra le regioni top exporter: 36,2%, dovuta ovviamente al Pinot grigio, sia trentino che Delle Venezie.
Dal Lambrusco, al Brunello di Montalcino, dal Verdicchio al Chianti, fino al Pinot grigio e al Prosecco, sottolinea Frescobaldi, «il vino italiano si è fatto strada grazie a tutti gli ambasciatori dell’eccellenza enoica regionale, rendendo gli Stati Uniti il primo cliente estero dell’intero vigneto Italia, con una quota di mercato media pari al 24%». Secondo Uiv, con dazi al 15% anche sul vino il danno stimato per l’intero comparto made in Italy è di circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi.
