
di Pierangelo Vacchetto
MUSICA – Edoardo Bennato cala il gran finale del Monfortinjazz. La rassegna, alla vigilia del cinquantesimo anniversario, si conferma di livello internazionale, combinando jazz, blues e musica d’autore. A concludere l’edizione 2025, ieri sera, è stata proprio la voce del cantautore napoletano, che ha conquistato l’Auditorium Horszowski con una scaletta capace di attraversare oltre cinquant’anni di carriera, mescolando ironia, impegno e melodia.
Un autentico viaggio tra musica d’autore e rock mediterraneo, che ha unito tre generazioni sotto le stelle di Monforte. A 78 anni, Bennato dimostra ancora una presenza scenica magnetica. Nessuna concessione alla nostalgia fine a sé stessa: il suo show alterna classici irrinunciabili a incursioni meno prevedibili, tutto con una vitalità che trasforma ogni brano in dichiarazione d’intenti. È salito sul palco con l’energia di sempre, armato di chitarra, armonica e grinta.
Il concerto è stato preceduto da una proiezione di dipinti dello stesso Bennato, parte della mostra In cammino, raffiguranti migranti e scene di guerra, temi ripresi in vari momenti durante il concerto e sottolineati da canzoni come A cosa serve la guerra e Asia. Ha aperto il concerto, da solo sul palco con armonica e tamburo a pedale, con Abbi dubbi e Sono solo canzonette, il brano-manifesto del tour che lo ha riportato sui principali palchi italiani. A seguire, una raffica di successi suonati con il gruppo che ha fatto cantare a squarciagola il pubblico: da Mangiafuoco a La fata, da Quando sarai grande a Rinnegato.
Se c’è una cifra che distingue ancora oggi Bennato da altri grandi cantautori italiani, è l’uso dell’ironia come strumento critico. Ogni suo brano, anche quelli apparentemente leggeri, ha una vena mai banale. La sua voce graffiata attraversa generazioni e contesti. Brani come Cantautore o La calunnia suonano oggi più attuali che mai, esempi di un esercizio di autoironia che dialoga con il presente. Bennato non parla del tempo che passa, ma al tempo che stiamo vivendo.
Tra un brano e l’altro, spazio anche a riflessioni pungenti sul presente: senza rinunciare mai alla sua cifra ironica e visionaria, dosando leggerezza e critica sociale con la maestria di un narratore esperto. Ha regalato una notte speciale, un concerto che non è stato solo musica, ma racconto, poesia, provocazione. Oltre due ore piene che sono state un manifesto sonoro della canzone d’autore italiana visionaria, favolistica e intelligente.
«Sono nato a Napoli in via dei Campi Flegrei, me lo sono anche scritto sulla maglia, al numero 55. Per la smorfia napoletana il 55 è la musica e forse per questo la mia vita è stata la musica. In tre strofe ho raccontato la mia vita in una canzone, A Napoli 55. So che a voi piace il jazz e il blues…», ha detto Bennato lasciando spazio ai suoi chitarristi Gennaro Porcelli e Giuseppe Scarpato, che con i loro assoli hanno infiammato il pubblico dell’Auditorium.
Chi si aspettava un concerto nostalgico o un’operazione revival ha dovuto ricredersi. Il live di Edoardo Bennato per la chiusura del Monfortinjazz 2025 è stato un atto sonoro consapevole, essenziale e ben calibrato, che ha evidenziato la coerenza formale e concettuale di un artista che, pur muovendosi nei confini della canzone d’autore, continua a lavorare su incastri ritmici, tessiture armoniche e narrazione scenica con precisione artigianale.
Non è stato un tuffo nel passato, ma un attraversamento intelligente e appassionato del tempo. Con voce, armonica e ironia, il cantautore napoletano ha dimostrato che la sua musica, se ascoltata davvero, parla ancora – e con forza – al nostro presente.
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