Ultime notizie

Ieri a Venezia è stato il giorno di George Clooney e Julia Roberts

Ieri a Venezia è stato il giorno di George Clooney e Julia Roberts

Walter Colombo, inviato a Venezia

MOSTRA DEL CINEMA – Approda al Lido l’attesissimo film in Concorso di Noah Baumbach, Jey Kelly, prodotto da Netflix disponibile sulla piattaforma dal 5 dicembre, con protagonista il fantastico George Clooney nei panni dell’attore Jey Kelly e Adam Sandler nel ruolo di Ron il suo manager fidato.

George Clooney interpreta Jay Kelly

Oggi Clooney ha 64 anni con una carriera alle spalle di tutto rispetto: ha vinto 2 Oscar e ha ottenuto 6 nomination in ogni possibile categoria e poi il regista è stato tre volte a Venezia in gara per il Leone d’Oro. Buona parte del film è firato in Italia, nel piacentino a Caorso, e in Toscana, tra la Val d’Orcia, Pienza, Pitigliano e Arezzo.

La pellicola segue il famoso attore cinematografico Jay Kelly e il suo devoto manager Ron in un vorticoso viaggio di inattesa profondità attraverso l’Europa. Lungo la strada sono entrambi costretti a fare i conti con le scelte che hanno fatto, i rapporti con i loro cari e con ciò che lasceranno alle generazioni future. Jay Kelly racconta la storia di un uomo che ripensa alla sua vita e riflette sulle scelte, i sacrifici, i successi, gli errori commessi.

Ieri a Venezia è stato il giorno di George Clooney e Julia Roberts 3
Il film Jey Kelly

Quando è troppo tardi per cambiare il corso della nostra vita? Il protagonista è un attore e, proprio per questo, il tema del film è l’identità. Come recitiamo la nostra parte? Chi siamo come genitori, figli, amici, professionisti? Siamo buoni? Siamo cattivi? Qual è lo scarto tra chi abbiamo deciso di essere e chi potremmo effettivamente essere? Cosa rende speciale una vita? Jay Kelly parla di cosa vuol dire essere sé stessi.

Con una durata di oltre due ore, la pellicola non si limita a raccontare una storia, ma cerca di restituire un’esperienza complessa in perfetta sintonia con la poetica di Baumbach: un cinema che osserva, interroga e mette a nudo, con uno sguardo al tempo stesso personale e universale. La poetica di Noah Baumbach si distingue per la capacità di scavare nelle pieghe dell’essere umano in continuo mutamento, muovendosi con disinvoltura tra la commedia sofisticata e il dramma intimista, affronta un tema che attraversa gran parte della sua filmografia ovvero la fragilità dell’identità e i compromessi dell’esistenza adulta. Il film diventa così specchio delle inquietudini dei protagonisti e metafora di una ricerca di senso in un mondo in costante mutamento. È un’opera che parla non solo al pubblico del cinema, ma anche al cinema stesso, riflettendo sul rapporto tra icona e persona, tra immagine pubblica e identità privata.

Gli alieni e i complotti di Bugonia

Dopo aver vinto il Leone d’Oro nel 2023 con Povere creature, torna alla Mostra il regista greco Yorgos Lanthimos col film in concorso Bugonia, la cui protagonista indiscussa e attesa sul red carpet è Emma Stone nei panni di una potente manager di una multinazionale farmaceutica. Al centro di del film troviamo due protagonisti eccentrici e paranoici ossessionati dalle teorie del complotto: Teddy, un apicoltore, e il suo migliore amico che decidono di rapire la potente Ceo di una grande azienda, Michelle, convinti che sia un’aliena decisa a distruggere la Terra.

Ieri a Venezia è stato il giorno di George Clooney e Julia Roberts 4
Emma Stone a Venezia

I rapitori la sottopongono a un interrogatorio serrato, fino a quando la donna si ribella, innescando un inarrestabile gioco al massacro. In una scena del film Teddy dice: «Tutto ha inizio con qualcosa di magnifico; un fiore, poi un’ape, le operaie raccolgono il polline per la regina, le api però stanno morendo, è stato pianificato così: per farci fare la fine delle api, ma adesso non hanno più il controllo».

Non a caso il titolo del film è ispirato all’omonimo episodio delle Georgiche di Virgilio, che narra la nascita di uno sciame d’api dalla carcassa di un bue in decomposizione, un mito per sottolineare come anche dalle situazioni peggiori possa generarsi una nuova vita. Un film che in modo surreale racconta una lotta psicologica e di classe e i deliri derivanti da una società manipolata dai media.

Ieri a Venezia è stato il giorno di George Clooney e Julia Roberts 2
Il film Bugonia

Bugonia è un progetto ambizioso, surreale e profondamente inquietante, con la consueta impronta autoriale che contraddistingue Lanthimos, fatta di ironia distorta, dinamiche grottesche e profonde riflessioni sul potere, la follia e la verità. Si trovano sequenze di interrogatori, immagini notturne, atmosfere claustrofobiche e giochi di luce che alimentano il sospetto che nulla sia come sembra. Lo stile estetico, con il formato dell’immagine in 4:3 e una fotografia della pellicola davvero bella, alterna freddezza formale a improvvisi eccessi visivi, con un montaggio spezzato che richiama Kubrick.

La narrazione si muove tra il delirio paranoico e la possibilità reale di un’invasione aliena, in una spirale di eventi sempre più ambigua, che mette in discussione le percezioni dei personaggi e dello spettatore, costellata da colpi di scena, inversioni di prospettiva e una riflessione grottesca sul potere, la manipolazione mediatica e la fragilità mentale. Temi molto importanti e profondi ma non sempre la tecnica eclettica del regista convince lo spettatore a volte perso in un racconto troppo surreale da generare confusione.

La prima volta di Julia Roberts a Venezia

Luca Guadagnino porta per la prima volta alla Mostra del cinema Julia Roberts che arriva sorridente e rilassata e ha divertito tutti con il suo look davvero particolare, infatti indossava un cardigan bianco e nero che riproduceva stampato più volte il viso del regista Guadagnino, un omaggio per essere stata scelta come protagonista nel suo film fuori concorso After the Hunt.

Nata da una sceneggiatura di Nora Garrett, questa pellicola, che oscilla tra dramma e thriller, è ambientata in un prestigioso college del Nord America della Ivy league, il film ruota attorno alla figura della professoressa Alma Olsson (Julia Roberts), che si trova in un momento delicato della propria carriera. Donna brillante, rispettata, ma anche riservata, vive un’esistenza apparentemente ordinata e rigorosa, finché l’arrivo di una denuncia scuote le fondamenta dell’istituzione e la sua stessa coscienza.

In particolare, Maggie Price, una giovane studentessa modella di filosofia e protetta di Alma (Ayo Edebiri) accusa Henrik (Hank) Gibson, un professore del dipartimento (Andrew Garfield), di condotta inappropriata. L’accusa genera una scossa morale all’interno del campus, obbligando l’istituzione a confrontarsi con dinamiche sommerse da tempo. Ma ciò che inizialmente sembra un caso circoscritto si complica quando, nel vortice delle indagini e delle ripercussioni etiche, emerge un segreto custodito dalla protagonista, risalente al proprio passato universitario.

Ieri a Venezia è stato il giorno di George Clooney e Julia Roberts 1
Il film After the Hunt

La linea tra il passato e il presente inizia a dissolversi, costringendo la professoressa a interrogarsi su cosa significhi davvero essere complice. Un film che riflette e farà riflettere sul significato del privilegio: chi può permettersi di restare in silenzio, e chi invece paga il prezzo di parlare? Chi ha il lusso di dimenticare, e chi è condannato a ricordare?

In questo gioco di specchi tra passato e presente, tra protezione e responsabilità, il film ci mostra quanto sia difficile e necessario avere il coraggio di scegliere da che parte stare, soprattutto quando la verità non è evidente e il rischio di perdere tutto è reale. Il regista affronta con profondità e acume narrativo tematiche attuali e complesse, trattandole con una sensibilità che rivela un’attenta riflessione sul presente.

Tra le influenze più riconoscibili c’è il movimento Me too, che ha profondamente scosso ambienti come quello accademico, artistico e professionale, portando alla luce dinamiche di abuso di potere, omertà sistemica e disuguaglianze strutturali. L’opera esplora con determinazione le sfide legate ai privilegi di genere e razza, mostrando come certi schemi oppressivi restino radicati anche in contesti ritenuti aperti e progressisti, come l’università. Queste problematiche trovano espressione attraverso il personaggio di Maggie, una studentessa brillante e ambiziosa che rappresenta una nuova generazione di donne determinate a rompere le regole imposte da un sistema consolidato.

Particolarmente significativa è l’attenzione rivolta alla condizione delle minoranze etniche all’interno di un’istituzione accademica ancora fortemente gerarchica e dominata da logiche di potere tradizionali. Le accuse che Maggie muove contro un docente affermato e stimato la espongono a grandi rischi: non solo potrebbe essere emarginata, ma rischia anche di diventare un bersaglio in un contesto in cui spesso si preferisce tacere piuttosto che affrontare la verità. In questo scenario, Maggie si rivolge con fiducia alla professoressa Alma, nella speranza di trovare un’alleata. Per lei, Alma rappresenta non solo un’autorità, ma anche una donna che ha lottato per affermarsi in un mondo accademico dominato da figure maschili, e per questo si aspetta empatia, ascolto e sostegno.

Il rapporto che si sviluppa tra le due diventa il nucleo emotivo e morale del film: un dialogo intergenerazionale e al tempo stesso un confronto etico tra due donne provenienti da percorsi diversi, ma accomunate dal bisogno e dalla difficoltà di affrontare la verità. Maggie non cerca soltanto giustizia, desidera essere riconosciuta, creduta e supportata da chi, almeno in teoria, dovrebbe schierarsi al suo fianco. Ormai Guadagnino ci ha abituati a film profondi con tematiche importanti, ma sempre affrontate con delicatezza e rispetto, per questo, tra gli altri, dopo Chiamami con il tuo nome, Challengers e Queer, la sua ultima pellicola segue con successo una strada già avviata.

Banner Gazzetta d'Alba