di Sofia Gaviglio
BRA – Oggi l’estate è quel periodo dell’anno che tutti noi aspettiamo con estrema ansia, quando finalmente si può staccare la spina e rilassarsi dopo un pesante anno tra scuola e lavoro. Ma com’era l’estate a Bra, quando le giornate non erano scandite da notifiche sul cellulare, ma dai fischi delle mamme dalla finestra?
Una volta, l’estate era semplice.
I bambini si ritrovavano nelle frazioni, in piccoli gruppi, sulle sedie di casa o con la bici per una missione quotidiana: andare a prendere il gelato, con sempre lo stesso punto di ritrovo. Lo confermano nonni e nonne quando si ritrovano, alla sera, all’ombra, per chiacchierare.
Le “seconde case” erano un lusso per pochi, una fortuna condivisa con amici o parenti al mare o in montagna, soprattutto negli anni ’70 e ’80. Quei luoghi diventavano veri e propri rifugi per giovani e famiglie, dove ci si raccontava tutto quello che era successo mentre si era lontani.
Le sedie portate lungo le vie erano i social network dell’epoca, lì si creavano e condividevano tutte le novità riguardanti i proprio conoscenti. Si parlava, si lavorava a maglia, si scambiavano consigli e storie.

Le ragazzine – ricorda una signora – creavano bancarelle per le vie con coroncine di margherite e ricevevano dritte preziose dalle più grandi. Le più fortunate riuscivano anche a scambiare i libri di scuola, perché comprarli era un lusso.
Niente cellulari, niente messaggi, quando era ora di rientrare, bastava un fischio dalla finestra.
I pericoli erano molti meno di oggi – ricorda una seconda donna – i bambini ascoltavano i canti e la musica che riempivano le campagne al
tramonto. I nonni raccontavano storie di guerra, della propria gioventù e insegnavano ai ragazzi, che durante il giorno li aiutavano in campagna, il valore del lavoro, della fatica e della pazienza.
Dopo tutto questo solo una cosa segnava davvero la fine della giornata: il butun da preve, meglio noto come la caramella delle nonne alla liquirizia, la quale non mancava mai nei loro grembiuli.
Era un’estate fatta di vita vera, fatta a mano, come i centrini all’uncinetto che diventavano parte dei corredi. Un’estate che insegnava, anche senza scuola.
