
di Valter Manzone e Andrea Olimpi
CRONACA – Mai prima d’ora la società civile aveva messo in campo un’azione umanitaria così vasta: la Global Sumud Flotilla porta aiuti verso Gaza con decine di barche e centinaia di attivisti.
Partita dall’Italia con una conferenza stampa a Siracusa, si è raccontata nelle piazze di diverse città e ora naviga nel Mediterraneo, diretta a Gaza. La missione internazionale porta a bordo parlamentari, attivisti, medici e giornalisti con l’obiettivo di rompere l’assedio e consegnare aiuti umanitari a una popolazione stremata da mesi di conflitto.
Il 10 settembre, dalla Marina di Ortigia, si è svolta la presentazione ufficiale della delegazione italiana. Davanti a circa duecento sostenitori hanno preso la parola i rappresentanti della Flotilla, tra cui Simone Zambrin di Freedom Flotilla, Stefano Rebora di Music for Peace, Abderrahmane Amajou di Action Aid Italia, l’europarlamentare Annalisa Corrado (Pd), il parlamentare Marco Croatti (M5s) e l’europarlamentare Benedetta Scuderi (Avs).
In quell’occasione, Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana, ha ricordato: «Siamo qui perché abbiamo deciso che è il momento di dare. A bordo ci sono aiuti umanitari, cibo, farmaci, ma anche testimoni: giornalisti, parlamentari, medici. La società civile non può restare a guardare».
La Flotilla italiana è composta da diciotto barche a vela, partite da diversi porti, con equipaggi internazionali e una forte rappresentanza di attivisti italiani. A bordo, oltre agli aiuti, ci sono anche figure del mondo culturale e sportivo. La missione ha scelto la via pacifica e nonviolenta, pur consapevole dei rischi legati all’ingresso nelle acque controllate da Israele.
L’intera Global Sumud Flotilla si compone anche di altre imbarcazioni partite dalle coste spagnole e non solo, che hanno fatto scalo tecnico a Tunisi per poi rimettersi in navigazione verso il punto di incontro con il resto della flotta.
La missione non è comunque una gita in mare e fin dall’inizio ha dovuto fare i conti con tensioni e difficoltà. A pochi giorni dalla partenza dalle coste spagnole, alcune imbarcazioni sono state sorvolate da droni di origine sconosciuta che, in due occasioni, hanno sganciato materiali incendiari sui ponti, fortunatamente senza conseguenze gravi.
Non sono mancati episodi controversi: la giornalista de La Stampa Francesca Del Vecchio è stata allontanata da una delle barche, dopo avere rivelato la posizione della Flotilla. La notizia, subito rilanciata dai media italiani, ha suscitato polemiche. A chiarire la decisione è stata la portavoce Maria Elena Delia: «Ci siamo dati regole di sicurezza rigide per proteggerci. Spionaggi e sabotaggi sono rischi molto concreti, visti anche gli attentati alle barche in Tunisia. Non si è trattato di censura: i giornalisti a bordo sono ospiti a stretto contatto con gli equipaggi, serve fiducia reciproca».
A queste difficoltà si sono aggiunti guasti tecnici che hanno costretto alcune barche italiane a fermarsi, con la conseguente rinuncia di diversi attivisti. Un fatto che ha alimentato critiche e ironie da parte di chi guarda con scetticismo all’iniziativa.
Negli ultimi giorni, poi, si sono registrati abbandoni da parte di figure di rilievo. A parte Stefano Rebora, presidente di Music for Peace, che ha lasciato la navigazione per tornare a Genova e avviare le pratiche per l’apertura di un corridoio umanitario via terra. L’attivista svedese Greta Thunberg ha scelto di uscire dal comitato direttivo, pur restando a bordo: «Tutti abbiamo un ruolo: il mio non sarà nel comitato direttivo, ma come organizzatrice e partecipante», spiegando di non condividere una comunicazione troppo focalizzata sulle dinamiche interne della Flotilla e non abbastanza sul genocidio in Palestina. Anche il giornalista e influencer Yusuf Omar ha annunciato di lasciare la missione, motivando la scelta con ragioni di strategia comunicativa.
Il contesto intanto resta drammatico sul fronte palestinese. Il 16 settembre Israele ha lanciato un’operazione terrestre su Gaza City, dichiarata “zona di combattimento pericolosa” e sottoposta a pesanti bombardamenti. Le vittime si contano a decine.
Dopo la nuova escalation, in decine di piazze italiane sono state convocate manifestazioni di solidarietà con la popolazione palestinese. Giovani, famiglie, sindacati e associazioni hanno chiesto al governo di interrompere ogni rapporto istituzionale ed economico con Israele, invocando sanzioni e un embargo totale. «Ci uniamo alle comunità palestinesi di tutta Italia per chiedere al Governo di fare chiarezza: da che parte sta? Dalla parte del diritto internazionale e della Costituzione, oppure dalla parte dei criminali internazionali del Governo Netanyahu? Non ci sono mezze misure», ha dichiarato Maria Elena Delia.

Due giornate di scioperi e mobilitazioni sindacali sono state indette: una è scattata oggi, venerdì 19 settembre, e un’altra seguirà lunedì 22 settembre. Sono previste quattro ore di stop dei lavoratori di quasi tutti i settori. Il 22 settembre lo sciopero, questa volta generale, è proclamato da sigle sindacali autonome fra cui Usb, Adl Cobas, Cub. Lo stop riguarda sia il settore pubblico che quello privato, con possibili ripercussioni su trasporti, scuole, università e porti.
Gli scioperi sono indetti «contro il genocidio in Palestina, la fornitura di armi a Israele e l’assenza di un intervento concreto per dissociarsi dagli orribili crimini perpetrati dal Governo di Israele»; non manca inoltre il sostegno «incondizionato alla missione della Global Sumud Flotilla e alla tutela dei volontari impegnati a portare aiuti al popolo palestinese».
Questa mattina tutta la Flotilla è riuscita a riunirsi: sia la parte proveniente da Tunisi, che le imbarcazioni italiane che erano a Porto Palo, tutte assieme dirigono verso Gaza.
La rotta verso Gaza resta incerta e pericolosa, ma la forza di questa azione umanitaria sta nel suo carattere collettivo. Per la prima volta la società civile, senza il sostegno di governi o istituzioni, si è mossa su scala internazionale per portare aiuti a una popolazione sotto assedio. «Vogliamo essere testimoni e portare speranza. Non è un gesto simbolico: a Gaza servono medicine, cibo e la vicinanza della comunità internazionale», ha sottolineato Maria Elena Delia.
Mai prima d’ora un’azione così vasta e determinata era stata intrapresa da cittadini comuni, uniti dall’idea che la solidarietà possa attraversare il mare e rompere muri di silenzio.
Intanto una commissione d’inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite accusa ufficialmente Israele di genocidio.
