TORINO – Vicente Santilli, segretario per il Piemonte del Sindacato autonomo Polizia penitenziaria, denuncia l’ennesima giornata ad alta tensione vissuta nella Casa circondariale di Torino, dove solamente il pronto intervento e la vigilanza della Penitenziaria ha sventato un grave tentativo di introduzione di droga, ma sono stati costretti a fronteggiare una violenta reazione.
L’episodio
«Tutto è avvenuto intorno alle 10.30 di ieri (mercoledì 29 ottobre) quando, durante un colloquio in presenza, gli agenti addetti al controllo della sala hanno notato uno scambio sospetto di calzature tra un detenuto e il suo familiare. L’immediato intervento della Penitenziaria ha interrotto il colloquio e portato alla scoperta di ben tre involucri contenenti circa 50 grammi di cocaina, abilmente occultata all’interno della suola delle scarpe destinate al recluso», spiega.
«Alla scoperta, il detenuto ha reagito con estrema violenza e resistenza, opponendosi all’azione del personale. Durante il suo riaccompagnamento in cella, infatti, l’uomo ha scatenato un vero e proprio atto vandalico distruttivo, scalciando porte, distruggendo il monitor di un computer installato in una postazione di lavoro del padiglione, vandalizzando le suppellettili, rompendo il vetro blindato di una porta e arrivando persino ad aprire l’impianto antincendio. La sua protesta è proseguita con minacce dirette a tutto il personale intervenuto nel tentativo di sedare gli atti distruttivi ed aggressivi evidentemente determinati dalla rabbia per essere stato scoperto».
Il plauso del sindacalista
Il sindacalista rivolge «il nostro più profondo plauso e la massima solidarietà ai colleghi di Torino, la cui prontezza ha intercettato un ingente quantitativo di droga che avrebbe ulteriormente alimentato il mercato illecito interno. Questo episodio è la perfetta cartina di tornasole della situazione attuale: il carcere è ormai teatro di tentativi continui di reato e il personale è costretto a fronteggiare una violenza inaudita ed ingiustificata. Gli agenti intervenuti hanno dimostrato una professionalità eccezionale, gestendo sia il ritrovamento della cocaina sia la successiva furia distruttiva del detenuto». Per questo, conclude Santilli, «il Ministero deve prendere atto che il personale di Polizia penitenziaria lavora in un contesto di rischio e stress operativo altissimo, con strutture fatiscenti e una costante carenza di tutele, mezzi e strumenti di autodifesa. Non possiamo più tollerare che la sicurezza interna dipenda esclusivamente dal sacrificio individuale degli agenti. Chiediamo subito provvedimenti per garantire l’incolumità del personale e la piena legalità negli Istituti».
Azioni per la sicurezza nazionale
Donato Capece, segretario generale del Sappe, coglie l’occasione per rivendicare l’insostituibile ruolo sociale del corpo di Polizia penitenziaria nell’ambito del sistema sicurezza della Nazione e della Regione Piemonte in particolare: «è tempo di guardare al futuro con rinnovata maturità, superando le incertezze giovanili, consapevoli di un ruolo ormai consolidato nel quadro delle Forze di Polizia e nel complessivo sistema di sicurezza del Paese. Un Paese che domanda maggiore sicurezza e la Polizia penitenziaria è pronta per proseguire il suo compito così peculiare, così prezioso, così insostituibile. Il nostro sforzo oggi non è più quello di un’affermazione o una visibilità che ritengo ben salda e condivisa, sicché non è necessaria alcuna azione di definizione dei confini. La sfida con la quale siamo chiamati a misurarci riguarda il cuore del nostro mandato istituzionale, così orgogliosamente espresso dal motto che orna il nostro fregio: Despondére spem munus nostrum: garantire e sostenere la speranza è il nostro compito, il nostro impegno, il nostro orizzonte e la nostra stella polare”. Lo storico leader del SAPPE riconosce il cambiamento nel clima politico attuale: «Dobbiamo dare atto che, rispetto al passato, l’attuale governo e l’Amministrazione Penitenziaria hanno mostrato maggiore ascolto e sensibilità nei confronti delle criticità del settore. Ma proprio per questo ci aspettiamo di più. Serve uno sforzo ulteriore, più deciso e strutturale, perché non bastano le buone intenzioni: occorrono atti concreti, urgenti e coraggiosi».
Capece rivolge un appello alle istituzioni politiche: «Il nostro terreno d’elezione, la nostra palestra d’esercizio è l’Istituto penitenziario perché è lì che siamo chiamati a profondere quotidianamente le nostre tante energie professionali ed umane: luogo di espiazione ma anche luogo di riscatto. E non solo per caratteristiche oggettive, ma per la qualità e l’impegno di coloro che vi operano».
c.s.
