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Diario di viaggio / Tutte le facce della Tunisia

Diario di viaggio / Tutte le facce della Tunisia

di Valter Manzone, immagini di Franco Destefanis

TUNISIA – Una terra ricca di fascino. Con tante facce. Quella del deserto che ti proietta in un’altra dimensione, che potremmo chiamare “lunare”. E con il deserto, quella dei conduttori di dromedari o quella di Mustafa che si guadagna la vita saltando su e giù per le dune, alla guida di un calesse, e fermandosi, con molto garbo, per farti una foto.

Ma anche quella della costa, con il suo mare che ha lo stesso colore del cielo, entrambi di un blu ammaliante. Quella delle medine, con le loro moschee guardia dei suk, nei quali, a ben cercare, puoi trovare qualunque cosa. E quella delle case trogloditiche, costruite in arenaria, essenziali, ma accoglienti.

Quella della sua storia millenaria, che affonda le radici nei tempi dei fenici e dei romani. Di cui abbiamo ammirato uno spettacolare Colosseo a El Djem, ancora in ottimo stato di conservazione. E, ancora, quella del villaggio marino di Monastir, con le sue belle ville bianche e il suo Ribat, che accoglie il mausoleo di Habib Bourguiba, padre della moderna Tunisia.

O quella delle case abitate ancora oggi da una comunità berbera. Che ti aspetta una sera a cena (gradito omaggio di Gazzetta d’Alba e dell’Opera romana pellegrinaggi, che hanno programmato il tour sulle orme di Sant’Agostino). E che ti dà il benvenuto con due cavalieri alla porta, il mangiafuoco, le donne berbere che filano la lana, macinano il grano e dipingono mani e piedi delle spose con l’henné. E i ballerini (tutti uomini a eccezione di una donna) che rallegrano le portate, con le tradizionali danze tribali.

E ancora quella dei numerosi palmeti, che crescono solo nelle oasi – qui presenti in tre tipologie: di montagna, del Sahara e del mare – oppure degli oliveti, che fanno di questa terra la terza produttrice mondiale di olio. Oppure quella della piccola parrocchia cristiana di Sousse con la sua difficile storia di integrazione nella comunità, e quella sfolgorante di Hammamet che ti aspetta con i suoi  grandi alberghi attivi e accoglienti e una piccola medina, tutta bianca e azzurra, che dormiva ancora al nostro passaggio.

Ma anche le faccine di tanti, anzi tantissimi, gatti che vivono liberi nelle vie e nelle piazze dei paesi. Senza dimenticare quella, un po’ meno nobile, della pulizia dei luoghi pubblici, passibile di importanti miglioramenti.

Poi quella imponente di Tunisi. La capitale, che ha uno dei musei più importanti del mondo, quello del Bardo (ampiamente ammirato, camminando di sala in sala), che in questo sabato 15 novembre, sonnecchia sotto un sole già caldo alle 9 del mattino. Ma tant’è, anche qui è il fine-settimana.

Poi la faccia di Sant’Agostino, che a Cartagine trovava molti luoghi per il suo studio, la preghiera e la sua riflessione. Città nella quale si trovano la basilica di San Cipriano (detta di Santa Monica, in onore della sua mamma santa) e quella di Damous el Karita, che ne ricordano ancora la vita e le opere. E le facce dei tanti residenti, che in questo sabato affollano la grande Medina di Tunisi, ritrovandosi con amici e parenti e facendo affari.

Infine ha i volti di Karim, Habib, Sami e Chouaib, rispettivamente guide turistiche e autisti dei bus, che hanno permesso a noi, pellegrini sulle orme di Sant’Agostino – con le nostre facce stupite, allegre, curiose, stanche e a volte “tirate” – di conoscere questa terra straordinaria, che non potrà che rimanere nella memoria. Senza dimenticare i volti di monsignor Marco Brunetti, di don Giusto Truglia, di don Ettore Colombo e  di don Francesco Mollo, che hanno celebrato l’ultima Eucarestia del viaggio nella cattedrale di San Vincenzo de Paoli, e quelle di Carmen e di Chiara. Senza di loro, tutto questo non sarebbe stato.

 

 

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