di Lidia e Battista Galvagno
PENSIERO PER DOMENICA – XXXIII TEMPO ORDINARIO – 16 NOVEMBRE
Per l’ultima domenica del Tempo ordinario, prima della festa di Cristo re, è stata scelta l’ultima pagina dell’ultimo dei profeti minori, Malachia (3,19-20), che annuncia il “giorno del Signore”. Con questa immagine, i profeti indicano non la fine del mondo, ma il giudizio di Dio sulla storia umana che rovescia le nostre prospettive. Non a caso, papa Francesco aveva scelto questa domenica come Giornata dei poveri, i prediletti di Dio. Andiamo a scoprire il progetto di Dio sulla storia.

L’ingiustizia è fuoco di paglia. La profezia di Malachia ha per sfondo la ricostruzione di Gerusalemme e del tempio dopo l’esilio babilonese. Agli occhi degli esuli, dopo oltre mille chilometri a piedi, apparve una scena simile alle immagini di Gaza bombardata. A Gerusalemme non era rimasta “pietra su pietra”, tutto era stato distrutto. I babilonesi vincitori avevano avuto la stessa sorte! Questa è la fine di ogni ingiustizia. Poi c’è il rovescio della medaglia: «Per voi, che avete temuto il mio nome, sorgerà con raggi benefici, il sole di giustizia». Qui si fonda la nostra speranza, anche se ci sentiamo impotenti di fronte agli eventi storici: nessuna potenza terrena è eterna! Alla fine, Dio farà giustizia.
No alle fanatiche profezie di sventura, ma invito alla conversione. I tre Vangeli sinottici registrano che anche Gesù ha annunciato l’avvento del “giorno del Signore” (Lc 21,5-19). Non ha però assecondato la reazione infantile degli uditori, preoccupati di sapere “quando” e “come” verrà. Gesù non ha fatto previsioni sul futuro, non si è accodato ai predicatori apocalittici del tempo che facevano leva sulla paura della gente. Prendendo le distanze da ogni forma di fanatismo, ha prima offerto una rassicurazione formidabile – «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» – per poi richiamare alla conversione e alla speranza: «Con la perseveranza salverete la vostra vita». Paolo ci offre un esempio concreto di perseveranza.
Impegno nel presente. Il tema viene ripreso nella seconda lettera ai Tessalonicesi (3,7-12). Essa addita come modello di comportamento l’apostolo Paolo, che sempre si è premurato di non pesare sulle comunità, provvedendo al proprio sostentamento con il lavoro. Il suo era un forte richiamo alla sobrietà contro il consumismo indifferente tipico delle classi medio-alte, che sdegnavano il lavoro manuale, riservato agli schiavi. Le sue parole sono diventate proverbiali: «Chi non vuole lavorare, neppure mangi»! Sono parole che illuminano la domenica odierna, dedicata anche al ringraziamento per i doni «della terra e del nostro lavoro».
