
Roberta Pacifici, già direttore del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità, con il quale collabora ancora, ci ha fornito un quadro della situazione delle dipendenze. Ci siamo ovviamente soffermati soprattutto sulle problematiche riguardano la popolazione giovanile e all’assunzione di sostanze stupefacenti. È una donna appassionata e segue queste problematiche come una vera e propria missione di vita. Il messaggio è chiaro: “sinergia nella formazione e nell’informazione” e “tutte le droghe fanno male, nessuna esclusa”.
Dalla relazione al Parlamento si evince che il consumo di droga già tra i giovanissimi è aumentato. Sono dati allarmanti?
Le diverse “sostanze” sono utilizzate da giovani e da ragazzi che appartengono a ceti sociali trasversali. Quest è dovuto al fatto che la percezione del rischio è bassissima e c’è un’accettazione sociale dell’uso di queste sostanze. I giovani si passano la parola tra di loro e fanno da cavia dei prodotti pericolosi che entrano ed escono dal mercato.
In che senso entrano ed escono dal mercato?
Molte di queste sostanze entrano sul mercato giusto il tempo di utilizzarle, il gradimento degli effetti ne fa il loro successo o meno. Ma sono sostanze di cui si sa poco o non si sa niente e gli effetti possono essere anche gravissimi e irreversibili.
Quali i canali di acquisto delle droghe?
Gli acquisti vengono fatti nelle piazze di spaccio, tramite amici e anche via internet. I giovani sanno ben approvvigionarsi e passarsi le informazioni tra di loro con una percezione di pericolo che ripeto è bassissima. L’assenza dello spacciatore rende la cosa ancora più sicura rispetto al pericolo di essere intercettati dalle autorità e allo stesso tempo sembra più normale. Un conto è doversi interfacciare con uno spacciatore, pensiamo a dei ragazzi puliti che non hanno particolari problematiche, circostanza che genera paura e pericolo, un conto è l’acquisto di un prodotto che arriva direttamente a casa.
A cosa è dovuta questa situazione così allarmante?
Si parla poco del problema. E ai giovani non arrivano messaggi relativi alla gravità di queste sostanze. E poi esiste il problema della accettazione sociale, che però non è percepita come una minaccia da parte degli adulti. Aggiungo che c’è una ridottissima se non assente capacità critica dei ragazzi, che vivono di esperienze condivise, comuni, e che hanno un livello di posizione critica che è praticamente azzerata. Su queste cose bisogna interrogarsi: perché i giovani non hanno più la capacità di discernere il pericolo? Cosa sta annullandola loro capacità critica e cosa gli dà la sicurezza che tutto è lecito?
Quali possibili soluzioni?
Il discorso è mozzo se noi parliamo di droghe solo nella giornata mondiale che ne riguarda l’uso. La questione droghe va inserita in una riflessione più ampia, la problematica è più complessa. Abbiamo realizzato uno studio sulle dipendenze comportamentali nella generazione Z. Le percentuali alte di ragazzi che a 13 – 14 anni hanno una dipendenza da giochi, da internet, da cibo spazzatura (supercalorico con sale e zucchero) è altissima, e ci dice che i nostri giovani sono di una fragilità estrema. Quasi il 20% tra 11 e 13 anni soffre di ansia, il 2% ha preso degli ansiolitici, una percentuale che sale quasi al 4% tra i 14 e i 17 anni. Senza dimenticare il gioco d’azzardo patologico. È quanto mai urgente fare percorsi di formazione annuali nelle scuole, nelle associazioni, nelle parrocchie. Bisogna parlarne attraverso i media.
Qui lei allarga il discorso…
Certo. Sono da monitorare, ad esempio, anche i prodotti della nicotina e le loro conseguenze. Nell’ultima giornata senza tabacco del 31 maggio abbiamo presentato un dossier che ha descritto come il 40% dei ragazzi minorenni nell’ultimo mese ha utilizzato un prodotto contenente nicotina, che sia la sigaretta, la sigaretta elettronica, oppure i nuovi prodotti sul mercato di nicotina a bustina che si mette tra il labbro e le gengive. Questa, ad esempio, è una sostanza che crea una dipendenza fortissima, una porta d’ingresso verso le altre dipendenze, che sono tutte associate. È bene parlarne nella giornata mondiale contro la droga ma va inserita in un contesto generale di deviazione dei consumi, di dipendenze patologiche che stanno diventando sempre più complesse e interconnesse. Il ragazzo che usa droghe è spesso un fumatore e gioca d’azzardo. C’è una correlazione.
Ogni tanto riemerge il tema della liberalizzazione come soluzione. Ma è davvero così?
Liberalizzare è solo un modo semplicistico di voler affrontare un problema che è complesso e variegato. Non bisogna parlare a compartimenti stagni, perché questo lo facciamo sulla pelle dei nostri giovani. Difficile vedere che i decisori economici si occupino anche della salute. Ma questo problema va affrontato in maniera sinergica e multidisciplinare. Il fumo fa male, le droghe fanno male. È impensabile che un giovane non venga a contatto con offerte di sostanze stupefacenti, ma bisogna educarli perché scelgano con criterio. Non si può risolvere solo il presunto problema dello spaccio e della criminalità senza tenere conto, ad esempio, delle implicazioni sociali e sulla salute dei giovani.
Agd – Enzo Gabrieli e Fabio Mandato (fonte Parole di vita)
