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Don Ciotti: «Anche il caporalato è un crimine mafioso!»

Il fondatore di Libera e del Gruppo Abele è stato ospite sabato 26 ottobre ad Alba dell'associazione In.differenti

Don Ciotti: «Anche il caporalato è un crimine mafioso!»
@Foto Malò.

ALBA È stato davvero un don Luigi Ciotti in gran forma quello intervenuto sabato pomeriggio, 26 ottobre, nella sala convegni del Palazzo Mostre e Congressi per prendere parte all’incontro organizzato dall’associazione In.differenti. Il tema: mafia e caporalato. L’associazione è nata nella primavera del 2023 per iniziativa di sette giovani albesi: Elena Battaglino, Alessandro Damonte, Giacomo Manera, Lucia Monchiero, Camilla Olivero e Francesco Robaldo, con lo scopo di proporre con cadenza mensile spunti e approfondimenti in ambito politico e sociale.

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Il pubblico in palazzo Mostre e congressi. @Foto Malò.

Don Ciotti, in cifre: 80 anni, 60 anni di Gruppo Abele e 30 anni di Libera, ha iniziato il suo intervento ricordando che si parla di mafia, anzi di mafie, da 170 durante. Tante le parole e  molto è stato fatto, anche buone leggi, senza tuttavia mettere davvero in crisi le organizzazioni del crimine organizzato.

Il legame tra mafia e caporalato

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Don Ciotti e Alberto Gatto. @foto Malò.

«Dispiace dover dire – ha esordito – che oggi la mafia è più forte che in passato: uccide di meno, si è mimetizzata, specialmente al Nord, ma è più potente che in passato. La ‘ndrangheta calabrese è oggi una multinazionale che opera in 5 continenti, 42 nazioni con un fatturato che nessuno conosce e proventi gestiti da manager straordinariamente abili nel riciclare il denaro sporco. Anche il caporalato, nella maggior parte dei casi, può essere considerato un fenomeno di tipo mafioso che rientra nella logica criminale di chi agisce nel disprezzo dei valori che sono propri di ogni essere umano, in primo luogo la dignità. Il caporalato, che gestisce circa il 40 per cento della manodopera che lavora su queste colline, si basa sul ricatto e priva della libertà chi è costretto ad accettare tutto perché obbligato dal bisogno di portare a casa qualcosa. E’ un crimine che umilia l’uomo nel nome della logica del poter disporre di manodopera a bassissimo costo così da poter abbassa i costi di produzione. In questo modo si crea una concorrenza criminale che penalizza le aziende sane a scapito di chi sfrutta e ricatta i lavoratori in campagna, nei cantieri, in edilizia e in molte imprese dove non si lavora come schiavi del capitalismo e del consumismo».

Beppe Malò

Ne parliamo in modo approfondito sul numero di Gazzetta d’Alba in edicola questa settimana. 

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