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Non dimenticatevi di Gaza: la testimonianza di Martina Marchiò di Medici senza frontiere

È stata ospite venerdì scorso in sala Riolfo, nell’ambito del calendario per la Giornata internazionale della donna. L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio della pace, in collaborazione con il Comune

Non dimenticatevi di Gaza: la testimonianza

L’INCONTRO Coraggio, umanità, resilienza: ne danno prova le donne e gli uomini in prima linea negli angoli più pericolosi del Pianeta, per salvare vite umane. È così per Martina Marchiò, coordinatrice medica di Medici senza frontiere. È stata ospite venerdì scorso in sala Riolfo, nell’ambito del calendario per la Giornata internazionale della donna. L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio della pace, in collaborazione con il Comune.

Il curriculum di Marchiò è ricco di esperienze umanitarie: nata a Torino nel 1991, è laureata in scienze infermieristiche e ha intrapreso un percorso che l’ha portata a operare in contesti di crisi estrema. Con l’organizzazione umanitaria dal 2017, ha lavorato dall’Africa al Messico, dalla Grecia al Bangladesh. Ma è l’esperienza in Gaza, nel 2024, che ha segnato un punto di svolta e che ha ispirato il suo libro Brucia anche l’umanità. Diario di un’infermiera a Gaza, presentato durante la serata organizzata sotto le torri.

Al suo fianco sul palco, Silvia Dellapiana, volontaria albese con alle spalle esperienze simili a contatto con i rifugiati e protagonista dell’ultima puntata del video podcast di Gazzetta d’Alba (disponibile on-line da sabato scorso QUI).

Non dimenticatevi di Gaza: la testimonianza di Martina Marchiò di Medici senza frontiere
Marchiò e Silvia Dellapiana

 

 

Non dimenticatevi di Gaza: la testimonianza di Martina Marchiò di Medici senza frontiere 1

Marchiò ha iniziato il suo racconto: «Quando sono partita per Gaza, la situazione era estremamente critica. I bombardamenti erano continui e ogni passo era un rischio». Il pericolo, in questo caso, si muove insieme a un forte spirito di adattamento e a un’inaspettata speranza. «Sul campo, non esisteva una vera giornata tipo: ogni giorno portava con sé una nuova incertezza».

Tra sirene e macerie, l’infermiera ha fatto parte di una missione il cui compito era prima di tutto fornire cure alla popolazione, in una situazione di gravissima difficoltà nell’assicurare tutto ciò che serve in campo sanitario, a partire dai medicinali: «I bombardamenti su ospedali e cliniche hanno messo a dura prova il nostro lavoro. Ci sono tante persone operate d’urgenza che necessitano di riabilitazione. Nulla è stato risparmiato dall’escalation di violenza: proprio perché è un contesto in continua evoluzione, è molto complesso da affrontare. Persino il cibo scarseggia ogni giorno».

Anche la dignità è stata al centro del suo racconto, quella dei tantissimi morti senza nome, rimasti senza sepoltura, nella devastazione totale. È la disumanità della guerra, che di tanto in tanto lascia spazio alla luce: «Mi riferisco alla forza incredibile dei colleghi palestinesi: sono legati alla loro terra in un modo difficile da comprendere. Restano lì, in prima linea, con il loro popolo. Mi sono ritrovata senza parole di fronte alla loro enorme determinazione».

La serata ha rappresentato, poi, un’occasione per riflettere sul significato della libertà. Dopo aver vissuto l’esperienza a Gaza, Martina ha raccontato il contrasto che ha provato una volta tornata in Israele: «Mi sono accorta di quanto fosse strano il silenzio, così diverso da quello che avevo appena vissuto. Ma le grida dei feriti restano per sempre». Anche quando si rientra in Italia, a casa. E la quotidianità si ripresenta come «uno schiaffo in faccia». Si fa strada anche un senso di colpa difficile da affrontare: «Mi sono sentita privilegiata per la mia condizione di sicurezza: sono pensieri che all’inizio non sapevo come gestire. Fino a quando ho iniziato a scrivere il libro: ho sentito il bisogno di raccontare la storia di chi non ha voce». Le parole, per Martina Marchiò, sono diventate un modo per trasformare il dolore e l’esperienza vissuta in uno strumento di sensibilizzazione.

L’incontro si è concluso con un appello alla solidarietà e all’impegno attivo: «Non dimenticate Gaza e la Palestina. Partecipate a eventi come questo, informatevi e donate, se potete».

Perché, nonostante la tregua, gli aiuti umanitari stentano ad arrivare e il sistema sanitario continua a essere al collasso. Un ultimo messaggio, infine, per la Cisgiordania, «dove la violenza aumenta ogni giorno e le persone sono costrette a vivere in condizioni sempre più drammatiche».

 Lorenzo Campaci

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