
FONDAZIONE FERRERO Col titolo Connessioni prosegue il festival Profondo umano, organizzato dall’associazione corale Intonando e dedicato ai temi della scienza e della ricerca. Il prossimo appuntamento sarà venerdì 11 aprile alle ore 21 nell’auditorium della fondazione Ferrero (con prenotazione obbligatoria) con la neuroscienziata Michela Matteoli – che terrà la conferenza “Cervelli sempre giovani: la fioritura dei neuroni”. Per maggiori informazioni basta consultare il sito www.profondoumano.it.
Il cervello è una macchina complessa, impossibile da controllare, definire o conoscere nella sua totalità. Matteoli, a che punto è lo studio di questo organo?
«Credo che il cervello sia il sistema più complesso e affascinante che esista. Ogni pensiero, emozione e azione che compiamo è il risultato del- l’attività di una intricata rete di connessioni neuronali. La mia passione per le neuroscienze è nata proprio da questa meraviglia: la possibilità di esplorare il funzionamento della mente umana, scoprire come i nostri ricordi si formano, perché proviamo certe emozioni e come il cervello si adatta e cambia nel tempo. Inoltre, sapere che le neuroscienze possono avere un impatto concreto sulla vita delle persone (dalla comprensione di malattie neurologiche alla creazione di nuove terapie) mi motiva ancora di più. Ogni nuova scoperta può avvicinarci a migliorare il benessere umano: l’idea mi entusiasma e mi spinge a voler approfondire sempre di più questo campo straordinario. Esistono ancora tanti misteri da svelare».
Quale tema verrà affrontato l’11 aprile?
«Esploreremo insieme la straordinaria capacità del cervello di rinnovarsi e adattarsi nel corso della vita. Cercheremo di capire quali sono le basi dell’apprendimento e della memoria e vedremo insieme il concetto di plasticità, cioè la capacità del cervello di cambiare e modificarsi in relazione agli stimoli esterni. Vedremo anche come le buone abitudini e gli stili di vita, la lettura, l’attività fisica, una buona alimentazione, le relazioni sociali e un sonno di qualità possano favorire la crescita di nuove connessioni neuronali».
Quali ricadute avranno sulla società le nuove scoperte delle neuroscienze?
«Le neuroscienze stanno rivoluzionando il campo della medicina, soprattutto per quanto riguarda la cura delle malattie neurologiche e dei disturbi mentali. Il cervello è un organo straordinariamente complesso, per lungo tempo molte delle sue funzioni ci sono rimaste oscure. Tuttavia, negli ultimi anni grazie ai progressi nella ricerca e nelle tecnologie di imaging cerebrale stiamo iniziando a comprendere meglio i meccanismi che regolano il pensiero, le emozioni e i comportamenti. Questa nuova conoscenza sta aprendo la strada a trattamenti più efficaci e personalizzati per molte patologie».
Può fare un esempio?
«Uno degli ambiti in cui le neuroscienze potranno avere un impatto significativo è la lotta a malattie come l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi multipla (Sm), patologie che colpiscono milioni di persone in tutto il mondo. Grazie alle nuove scoperte oggi si stanno sviluppando farmaci in grado di agire sui processi neurodegenerativi, come l’accumulo di proteine tossiche nel cervello o la neuroinfiammazione. Inoltre, le tecnologie di stimolazione cerebrale profonda (Dbs) stanno offrendo soluzioni innovative per ridurre i sintomi del Parkinson, migliorando la qualità della vita dei pazienti. Lo stesso può dirsi per il trattamento della salute mentale come ansia, depressione, disturbi bipolari e schizofrenia: grazie ai progressi nella neurobiologia, i ricercatori stanno identificando le aree del cervello coinvolte in queste patologie e sviluppando terapie più mirate».
Molti parlano di neuroplasticità. Di cosa si tratta?
«È un altro settore che promette molto. Riguarda la capacità del cervello di riorganizzarsi e creare delle nuove connessioni. Studi recenti stanno dimostrando come, con le giuste terapie e stimolazioni, sia possibile ripristinare alcune funzioni cognitive compromesse da traumi o da malattie. Questo apre prospettive entusiasmanti per il recupero dopo ictus o lesioni cerebrali. Fino ad arrivare alle interfacce cervello-computer, cioè a dispositivi che permettono alle persone con paralisi o gravi disabilità motorie di controllare computer o protesi con il solo pensiero. Queste tecnologie stanno compiendo passi da gigante, aprendo delle possibilità impensabili solo fino a pochi anni fa».
Matteo Viberti
