
di Davide Barile
IL CASO – La sorveglianza sanitaria dei lavoratori che sono stati a contatto con l’amianto, comunemente detti “ex esposti”, nell’Asl Cn2 è partita il 19 maggio. L’azienda sanitaria di Alba e Bra è stata la seconda ad attivarsi in Piemonte, appena un mese dopo l’Asl Cn1.
Nel resto della regione, spiega Sebastiano Sampò, presidente dell’Arasis (Associazione rischio amianto e sostanze inquinanti), «è ancora tutto fermo, nonostante ci siano realtà in cui l’asbesto è stato usato parecchio. Penso comunque che, a Casale Monferrato, chi doveva sottoporsi ad accertamenti lo abbia già fatto in passato. In ogni caso, le Asl della nostra provincia si sono dimostrate le più efficienti. Da noi, le fabbriche che usavano amianto erano concentrare a Mondovì e a Savigliano».
L’iter per arrivare alla sorveglianza degli ex esposti «parte dal 1992, con il divieto della vendita e dell’installazione di materiali contenenti amianto. Il Piemonte ha previsto la sorveglianza sanitaria con la legge regionale 30 del 2008, confermata dalla conferenza Stato-Regioni nel febbraio 2018. A confermare l’avvio era stato il presidente Alberto Cirio durante le cerimonie del 28 aprile 2024, giorno in cui si celebrano le vittime dell’amianto. I tempi, quindi, sono stati lunghi».
Nelle Asl, a occuparsi della sorveglianza degli ex esposti sono gli Spresal (servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro). Sulla situazione ad Alba e Bra ha parlato la dottoressa Anna Familiari: «Al momento, le adesioni sono state ventidue. Il portale della Regione per iscriversi resta aperto (per accedervi ci si può collegare a sansol.isan.csi.it, nda) e, per ora, non c’è scadenza. Tra i residenti della nostra Asl, quelli per i quali l’esposizione è stata già certificata dall’Inail sono circa centocinquanta. Potrebbero però essere di più, basti pensare ai muratori che, negli anni, sono venuti in contatto con il materiale. Il programma è aperto a tutti».
L’adesione «è completamente gratuita e, in un periodo in cui le liste d’attesa generano così tanti problemi, si ha l’opportunità di sottoporsi alla visita e agli esami in poco tempo. Riuscire a inserire nel mezzo delle liste di attesa gli ex esposti ha comportato un grande sforzo, al quale si è unita la necessità di preparare, per ogni paziente, un’agenda. L’Asl ci ha davvero supportati in tutto».
La persona che aderisce alla sorveglianza «è sottoposta, prima di tutto, a una visita medica. Dal colloquio siamo in grado di capire il tempo di esposizione all’amianto e le abitudini personali, come il vizio del fumo. Subito dopo, si effettua la spirometria e la radiografia dei polmoni. Per alcuni può essere necessario l’accertamento con la Tac a basso dosaggio, che è eseguita la settimana successiva. In seguito, valutiamo se servano maggiori approfondimenti o controlli periodici. In generale, riteniamo che, in assenza di sintomi, gli accertamenti vadano comunque ripetuti ogni tre anni».
Al momento, «tra chi, nella nostra Asl, ha aderito alla sorveglianza non ci sono state, per fortuna, diagnosi di mesotelioma. È un tumore molto aggressivo e, se scoperto nelle fasi iniziali, il paziente può essere operato», aggiunge Familiari.
Più di tre milioni per rimuoverlo dagli edifici pubblici
La presenza dell’amianto antropico è visibile soprattutto nelle copertura di abitazioni e capannoni. In passato è stato usato pure per pavimenti in linoleum, canne fumarie, pareti e altri usi di carattere civile.
Un dirigente sanitario che ha lavorato nelle nostre zone e nell’area di Casale Monferrato, dove era attiva la Eternit, ha spiegato: «Ormai i tetti in amianto sono tutti in cattive condizioni e da ogni metro quadrato di ondulina si disperdono dieci grammi di fibra di asbesto nell’aria. Il mesotelioma si può sviluppare, a distanza di molti anni, dopo aver inalato anche una sola fibra. Questa ha la forma di un ago, si infila nel canale respiratorio, entra negli alveoli e si incastra nella pleura. Se si è fortunati rimane lì; diversamente, fa sviluppare il tumore».
I proprietari degli edifici che contengono amianto possono essere obbligati dai sindaci, nel caso in cui il rischio di contaminazione sia alto, a bonificare l’immobile. Può capitare che gli enti pubblici stessi siano in possesso di edifici in cui è presente amianto. Ad Alba, per esempio, in tale situazione (che comunque risulta sotto controllo) è la casa del volontariato di corso Europa.
Una nuova opportunità per eliminare completamente il rischio negli immobili di Comuni e province viene da un bando della Regione Piemonte. In tutto, come ha spiegato l’assessore all’ambiente Matteo Marnati, per il prossimo triennio sono stati stanziati 3 milioni e 141mila euro. Il contributo può coprire fino al cento per cento dei costi di bonifica per un massimo di 300mila euro. A carico degli enti locali resteranno l’Iva e i costi di progettazione.
Commenta Sebastiano Sampò dell’associazione Arasis: «Si tratta di un’opportunità che può essere sfruttata per mettere in sicurezza il patrimonio pubblico. In questi giorni sto scrivendo una lettera da inviare a tutti i sindaci della Granda proprio per informarli e sensibilizzarli sul tema».
