di Davide Barile
LA TESTIMONIANZA – L’alluvione nell’autunno del 1994 colpì con violenza i territori lungo tutto il corso del Tanaro, ma uno degli scenari più tragici fu l’area della fondovalle. Bastia Mondovì, contrafforte posto alla destra del fiume nelle propaggini più estreme delle Langhe, fu uno dei Comuni più devastati. La furia dell’acqua giunse a lambire la piazza del paese, spazzando via infrastrutture come se fossero castelli di sabbia.
All’epoca era sindaco Francesco Rocca, rieletto nel 2022 dopo una parentesi in cui è stato consigliere e assessore provinciale con Giovanni Quaglia, e consigliere comunale a Carrù. Forse il nome potrà non essere noto a tutti, ma la reminiscenza di ciò che fece nel periodo immediatamente successivo al disastro risuona ancora familiare. Per molti, Rocca è «il sindaco alpino che ipotecò la casa per ricostruire il ponte».
L’alluvione del 1994 e il primo ponte provvisorio
Ricorda Rocca: «Furono anni di dure battaglie e, allo stesso tempo, grandi soddisfazioni. La prima di queste la combattemmo prima del Natale 1994. A novembre erano crollati i ponti che collegavano le località Isola sottana, Isola soprana e Carpenea. Gli abitati erano raggiungibili soltanto attraverso un lungo giro per le colline. Chiedevamo che fosse posizionato un bailey, ossia un ponte militare provvisorio. Una sera, mentre svolgevo il secondo turno nella fabbrica di abrasivi in cui lavoravo, iniziò a nevicare. Gli abitanti avrebbero quindi subito un disagio aggiuntivo, per cui chiesi a un amico di prestarmi una tenda e la piazzai sulla sponda del fiume. Dissi che non mi sarei spostato fino all’arrivo del bailey».
La popolazione apprezzò subito l’iniziativa, racconta: «Tutti i frazionisti iniziarono a portarmi abiti, coperte e caffè. Rimasi lì tre notti, il ponte fu realizzato e, poche settimane dopo, un camion con una portata eccessiva transitò sopra e crollò. Mi indiavolai, ma poi lo misero a posto».
Il grande ponte e l’ipoteca sulla casa
Restava però da rifare il grande ponte verso l’abitato. Prosegue Rocca: «Gli enti competenti avevano affidato l’appalto a una ditta che però stava tardando terribilmente. Era l’ottobre del 1996, dopo quasi due anni di lettere e solleciti rimaneva tutto bloccato. Non c’era nemmeno un guado. Allora, rifacendomi allo spirito degli Alpini, dissi: “Lo faremo noi”. Calcolai che occorrevano circa 50 milioni di lire, così andai alla Banca Alpi marittime ma mi dissero che, essendo a fine anno, non potevano elargire contributi. Senza pensarci un attimo, presi carta e penna e chiesi di ipotecare la mia casa. La mia famiglia appoggiò la scelta, ebbi i soldi e potei contare su ditte locali che fornirono materiale e manodopera gratuita. Mi diedero manforte pure un ventina di Comuni della zona. Piazzammo una tenda e, insieme a consiglieri, sindaci e amici, ci fermammo lì per cinque giorni».
Un guado in cinque giorni e la solidarietà da tutta Italia
In meno di una settimana il guado era pronto. «La vicenda ebbe una grande eco, ne parlarono giornali e televisioni. Arrivarono offerte e donazioni da tutta Italia, addirittura una bambina di Mele, in provincia di Genova, mi mandò una letterina e diecimila lire. Conservo tutta la documentazione in merito».
Il guado, poco dopo l’apertura, «fu posto sotto sequestro, ma in seguito l’Anas lo prese sotto la sua gestione. E, diciotto mesi dopo, il ponte fu ricostruito. Dovetti affrontare un processo, ero tranquillo e i giudici mi diedero ragione. La sezione costruttori dell’Unione industriale di Cuneo mi nominò Costruttore ad honorem, mentre da uno studio ingegneristico di Milano ricevetti la qualifica di “sommo pontefice”, colui che costruisce ponti. Nel 2010 sono stato nominato commendatore della Repubblica».
L’impegno per la Protezione civile
Durante il periodo da assessore provinciale, dal 1999 al 2004, «andai in tutti i Comuni della Granda per parlare dell’importanza di costituire gruppi di Protezione civile. Quando assunsi l’incarico erano trenta, al termine cento in più».
Le celebrazioni ad Alba
Oggi, martedì 5 novembre, la città renderà omaggio alle vittime dell’alluvione del 1994 con la tradizionale cerimonia promossa dal Comune di Alba, a trentun anni da quei tragici giorni che segnarono profondamente il territorio e la comunità. L’appuntamento è sotto i portici del Palazzo comunale in piazza Risorgimento, dove si terranno gli interventi delle autorità civili e religiose, insieme alle associazioni di volontariato e ai rappresentanti della Protezione civile. Il momento sarà dedicato al ricordo delle nove persone che persero la vita durante l’alluvione e alla gratitudine verso chi, con coraggio, si impegnò nei soccorsi.
A seguire, il corteo si sposterà fino al ponte Albertino sul fiume Tanaro, dove alle ore 18 sarà deposta una corona di fiori in memoria delle vittime, gesto simbolico che ogni anno rinnova la solidarietà e la memoria condivisa della città. La cerimonia sarà seguita anche con una diretta sui canali social di “Gazzetta d’Alba”, per permettere a tutti i cittadini di partecipare, anche a distanza, al momento di commemorazione.
