di Andrea Olimpi
SOCIETÀ – Sono ripartiti gli appuntamenti del festival Profondo Umano, e lo hanno fatto con la musica, quella con la lettera maiuscola. Il primo dei tre incontri, realizzato in collaborazione con l’associazione Corale Intonando, ha portato sul palco dell’Auditorium del Centro Ferrero lo spettacolo di Beppe D’Onghia, “Giudizi Universali”.
Ad aprire la serata e introdurre il tema è stato il maestro Franco Biglino, direttore dell’Associazione Corale Intonando, che ha voluto evidenziare la forza del linguaggio musicale dicendo: «Perché a volte ci svegliamo con una canzone in testa che non riusciamo a toglierci per tutto il giorno? Perché la musica ha un potere. Un potere che va oltre la nostra parte razionale».
Lo spettacolo — e non semplice concerto, perché la musica era sì protagonista, ma inserita in una cornice visiva altrettanto importante — si è articolato attraverso immagini proiettate sul ledwall e create con l’intelligenza artificiale, guidata dai testi e realizzate dalla bravissima Serena Zaniboni. Un elemento diventato parte integrante e imprescindibile del percorso musicale, durato circa un’ora e mezza.
Accanto a Beppe D’Onghia si sono esibiti due musicisti di altissimo livello. Federico Malaman, tra i bassisti italiani più talentuosi e apprezzati a livello internazionale, capace di spaziare dal jazz al funk, dal pop alla fusion mantenendo uno stile personale. Alla batteria Ricky Quagliato, altro musicista di grande spessore, forte di collaborazioni con artisti come Anastacia, Zucchero, Eros Ramazzotti, Marcus Miller.
Servono certamente tecnica e talento per misurarsi con un progetto firmato dall’eclettico Beppe D’Onghia, pianista, compositore e direttore d’orchestra tarantino, classe ’63, bolognese d’adozione dai tempi del DAMS. Da sempre alla ricerca di nuove forme espressive, ha attraversato generi, diretto una ventina di orchestre — tra cui la London Royal Philharmonic Orchestra, l’Orchestra Sinfonica della Fondazione Arturo Toscanini e l’Orchestra Rai — e scritto o co-prodotto brani per Lucio Dalla, Samuele Bersani, Stadio, Luca Carboni, Gianni Morandi, oltre a numerose colonne sonore.
La scaletta ha attraversato diversi linguaggi musicali, alternando brani originali e nuove interpretazioni di pezzi molto popolari composti da D’Onghia e portati al successo da artisti come Lucio Dalla.
Il concept proposto dall’autore si inserisce nel percorso di Profondo Umano, soffermandosi sul potere della canzone come strumento capace di raccontare e denunciare ciò che attraversa la società. Nella visione di D’Onghia emerge un invito affinché gli artisti tornino a trattare i temi cruciali del nostro tempo: disuguaglianze, ingiustizie, politica, conflitti, abusi sui minori, sfruttamento sessuale, traffico d’armi e i meccanismi economici che alimentano questi fenomeni, spesso trascurati o raccontati solo in parte dai media tradizionali.
A questa riflessione si aggiunge una mia chiosa finale: è un messaggio forte, talvolta anche duro, che critica un certo qualunquismo giovanile e una superficialità diffusa. Ma è giusto ricordare che la realtà è più complessa: esistono molti giovani attenti, impegnati e critici. Non sono la maggioranza, certo, ma una vera “massa critica” non c’è mai stata.
Galleria fotografica ©Barbara Guazzone













