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Franco Chittolina: «Le forze migliori si occupino della cosa pubblica»

Franco Chittolina è responsabile del Centro studi della fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo è anche uno dei massimi conoscitori delle forze economiche, politiche e sociali del cuneese.Franco Chittolina

Secondo il sondaggio Acli, un italiano su tre pensa che si riuscirà ad uscire dalla situazione di stallo solo “facendo la rivoluzione”, e che servono leader di diversa natura rispetto a quelli tradizionali per vincere la recessione. Come vede il futuro albese e cuneese?

«Se non proprio la “rivoluzione”, certamente si imporrà una “svolta” radicale per lasciarsi alle spalle un passato ormai consumato e andare verso un futuro che resta incerto. In questi ultimi tempi la società si è fatta più complessa. È finita una stagione di risorse abbondanti e di molto lavoro disponibile. Nella nostra provincia possiamo contare su un solido patrimonio di risorse umane e capacità produttiva. Su di queste dovranno investire concordemente forze economiche e sociali, con la speranza che la politica si rigeneri e ridiventi capace di fare sintesi e perseguire progettualità di lungo periodo».

Il voto in Europa dimostra che in tempo di crisi la gente vuole cambiamenti radicali. È possibile che forze inedite e non moderate (Grillo, ad esempio, o altre) prendano piede anche qui da noi?

«È da tempo che i cittadini chiedono che si cambi marcia. Purtroppo questi ripetuti segnali non sono stati colti come avrebbero meritato né dai governi nazionali, né dalle istituzioni internazionali. Movimenti populisti si stanno sviluppando da tempo in Europa, e risultano più consistenti nelle democrazie del nord che non nei Paesi del sud dove prevalgono reazioni di protesta sempre più esasperata e spesso poco civile. Sarebbe un errore demonizzare questi atteggiamenti: sotto la scorza rozza dell’antipolitica si cela spesso una forte domanda di nuova politica che sarebbe saggio e urgente raccogliere».

Se dovesse immaginare la “provincia del futuro”, una proiezione di qui a dieci, vent’anni di Cuneo e dell’albese, cosa cambierebbe, e cosa temerebbe di più?

«È difficile fare previsioni, soprattutto quando riguardano il futuro. Figuriamoci una proiezione a vent’anni di distanza. Penso che il nostro territorio abbia molte cose buone da salvaguardare, evitando di buttare il bambino con l’acqua sporca. Solo che quel bambino – che si chiama innovazione, voglia di rischiare, capacità di cooperare e di conquistare nuovi mercati – deve crescere rapidamente, svilupparsi culturalmente e non delegare responsabilità che sono proprie del cittadino. Deve cioè diventare uomo adulto e farsi carico, oltre che dei suoi affari privati, anche della “cosa pubblica”, memore che se non si occuperà lui della “politica”, sarà comunque la politica a occuparsi di lui».
m.v.

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