
ALBA Nel parco di corso Langhe, a pochi passi dalla scuola Enologica, una strana giostra composta da una sorta di cilindro roteante gira su sé stessa. Il calore estivo la rende rovente e non ci sono bambini che la utilizzano, a differenza delle altalene, usate soprattutto dai ragazzi più grandi. Queste ultime sono parecchio gettonate e si forma anche una piccola coda, per non perdere il proprio turno.
Come una comunità
Parte da qui il nostro viaggio tra le aree verdi e i parchi albesi. In corso Langhe, si incontrano piccole comunità: persone dall’Est Europa, italiani, una famiglia di indiani e una di africani.
Dice un uomo: «Ci troviamo qui durante le sere d’estate, dopo il lavoro. Per i bambini, è molto bello, un modo di conoscersi e incontrarsi. E soprattutto è gratuito: di questi tempi, i luoghi pubblici diventano una ricchezza». È così che i parchi possono garantire una tregua dal quotidiano frenetico, come una sorta di parentesi per fermarsi. Da lontano, si sentono voci e risate. È un invito a fermarsi.
Bambini e genitori

Il giardino di corso Langhe è tenuto bene, pulito e agibile. Sembra lontano dalla città, nonostante la strada trafficata e attraversata dalle code di auto. Parliamo con Rebecca, 33 anni, che frequenta lo spazio insieme alla figlia, 5 anni: «A volte, con le famiglie straniere, comunico in inglese, quando l’italiano non è così agevole. Di sera, c’è chi porta due bibite o delle patatine: ci si diverte. Ad Alba, se hai più di 30 anni, non è semplice fare nuove conoscenze con coetanei».
Rebecca aggiunge: «Venire qui con i figli è anche un modo per conoscere altri genitori e per instaurare relazioni. Con alcuni, è nata un’amicizia. Spesso ci confrontiamo anche sull’educazione dei bambini: non tutti possono andare al nido e pagare 600 euro al mese. Ma, soprattutto quando si hanno figli piccoli, è importante aprirsi a consigli e suggerimenti». Un po’ co-
m’era nel passato, con i cortili condivisi da tante famiglie, vissuti e aperti a tutti.
Chiuso per lavori
L’area verde che sorge a pochi metri di distanza, dedicata a Giovanni Varda e di fronte al supermercato, è chiusa per lavori. Si notano le reti rosse dei cantieri, che rendono inaccessibili lo scivolo e le altalene. «Sebbene per noi residenti sia un sollievo che i bambini non facciano rumore nel periodo estivo, è spiacevole vedere un servizio di questo tipo inagibile, proprio nel momento in cui i piccoli ne avrebbero bisogno», commenta Renata, un’anziana signora residente nel condominio soprastante.
«A volte, soprattutto di sera, adulti altrettanto rumorosi o ubriachi si ritrovano sulle panchine, ma per noi non è un problema. Fa parte della vita». Si scopre che la convivenza, anche tra persone e realtà molto distanti, non è sempre difficile e possono nascere modi di relazionarsi diversi dal consueto.
Poca manutenzione

Gli altri parchi cittadini mantengono la propria funzionalità. Non tutte le zone sono pulite e funzionanti: nel parchetto di via Roma, ci sono alcune bottiglie di birra e cartacce; nel parco Sobrino, sono presenti detriti del cantiere circostante; nel parco Maestri del lavoro, in corso Piave, sono sparsi piccoli frammenti di immondizia. Talvolta l’erba è alta, ma sono dettagli che non sembrano dissuadere le famiglie.
Ci sono spazi in apparenza meno frequentati: il parco di corso Europa (dedicato a suor Tecla Merlo), quello in via San Teobaldo e il giardino di via Aldo Moro. Un genitore prova a spiegarne il motivo: «I giochi sono pochi e questo non incentiva l’aggregazione. Può essere utile per i residenti dei condomini limitrofi scendere e trascorrere qualche minuto di leggerezza, giusto per stemperare la giornata, ma la poca offerta li rende quasi inutili».
Non solo il pubblico
Il Village della Ferrero, in via Teodoro Bubbio, è sempre frequentato. La giostra con le corde rotanti, i cavallini di plastica e i materassi per saltare attirano i bambini. Ma non tutti sono entusiasti, come dice un residente: «Questo spazio, alcuni anni fa, era pubblico. Il bar era gestito a turno da famiglie del quartiere».
Il nostro interlocutore aggiunge: «È di proprietà di un imprenditore e campeggiano pubblicità sulle insegne dei giochi: stiamo vivendo un lento processo di privatizzazione. Il pubblico, come offerta, purtroppo si impoverisce sempre di più».
Valerio Re
