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1994-2024 / Le storie: «La cascina della mia infanzia era sparita, ingoiata dalla terra, come per una magia cattiva»

Per il trentennale dall'alluvione del 1994, cerchiamo storie e immagini, per non dimenticare ciò che è accaduto. Scriveteci a gazzetta@stpauls.it.

1994-2024 / Le storie: «La cascina della mia infanzia era sparita, ingoiata dalla terra, come per una magia cattiva»
Foto Rastelli.

Ero una ragazzina di 14 anni e frequentavo la prima superiore ad Alba, dove abitavo, allora, in Corso Langhe.

Un giorno mia mamma venne a prendermi a scuola in macchina perché pioveva e ricordo che quel giorno pensai: “Accidenti, sta piovendo proprio tanto”. Ricordo di una sera in cui dalle finestre di casa al piano rialzato di corso Langhe, vedevamo l’acqua scorrere nel corso come se fosse un fiume. Io e mia mamma eravamo andate a trovare la vicina di pianerottolo, una signora anziana, per tenerle compagnia. Non c’era la luce e nemmeno il gas,  e stavamo nel cucinino della signora , intorno a un tavolino su cui c’era un candelone tozzo acceso, in un piatto, e quella era l’unica illuminazione. Mi sembrava una candela da morto , e la nostra riunione sinistrata come una veglia funebre.

«Corso Langhe era un fiume»

Ogni tanto ci affacciavamo alla finestra per vedere quanto saliva il livello. Il lampione pubblico davanti alla finestra era spento pure quello, quindi cercavamo di vedere come potevamo. Ricordo mia mamma, in quei giorni, che attraversava corso Langhe per andare a comprare viveri nel negozio di fronte, con l’acqua del fiume-corso che le arrivava sotto il ginocchio, e poi ricordo che l’acqua potabile veniva distribuita gratuitamente, in piazza alla Moretta, dentro a buste di plastica. Non avevo mai visto prima l’acqua dentro il nylon, forse solo nelle sacche delle flebo in ospedale.

La scuola fu chiusa e la televisione diceva di non mettersi in viaggio se non per motivi assolutamente urgenti.

Eppure, non so perché, mio padre decise che dovevamo lasciare Alba e trasferirci al nostro paese , che è il primo paese dell’Alta Langa al confine con Alba. Ricordo quel viaggio: i tredici chilometri dalla città al paese mi sembrarono un viaggio sciagurato in tempo di guerra, lungo la statale 29.

Dopo San Rocco Cherasca , rimasi di sasso a vedere una casa a bordo strada, che avevo sempre visto in tutta la mia vita come parte del mio “mondo visivo”, distrutta, diroccata, sotterrata da una frana.

Ricordo benissimo che in seguito riconobbi il proprietario di quella casa, un signore anziano, seduto con la testa fra le mani per la disperazione, in una fotografia gigante che teneva tutta la copertina della rivista “Panorama”.

Le televisioni nazionali parlavano del nostro territorio.

Noi per fortuna come famiglia non avemmo danni dall’alluvione, né ad Alba né al paese.

Però una cosa mi colpì  profondamente proprio nei ricordi , nella mia breve vita di quattordicenne: due anni prima, nel 1992, in estate,  per la festa patronale del paese eccezionalmente si era tenuta una  gran cena pubblica nell’immenso cortile di una cascina privata, anziché in piazza.

Era stata una serata bellissima, divertente, lì avevo giocato con amici, chiacchierato e mi ero divertita, e poi nel finale c’era stato un evento specialissimo: i fuochi d’artificio. Era la prima volta in vita mia che vedevo i fuochi, e la prima volta che il mio paese accoglieva un evento così strepitoso.

Per quel motivo, quella sera era arrivata tanta gente, dai paesi vicini e anche da Alba.

Il ricordo meraviglioso di quella serata andò in mille pezzi due anni dopo, nel ’94,  quando vidi in TV al telegiornale nazionale le riprese fatte da un elicottero che aveva sorvolato la zona dopo l’alluvione: quel versante di collina era sparito ….c’erano  dei “canyon”.

Si vedevano solo  delle fosse profonde. Spariti alberi, case e strade.

«Imparai che i luoghi possono svanire e capii quanto sono importanti i ricordi»

La cascina Bergagliasco non c’era più: non ne era rimasta traccia.  Ingoiata dalla terra, scomparsa come per un maleficio, una magia cattiva. Non c’era più né la casa , né il rustico, né l’immenso battuto di cemento su cui erano stati allestiti i tavoli per la festa, da dove avevamo visto i fuochi in cielo.

Pensai allora che quella festa era stata unica e irripetibile, mai più avrebbe potuto essere replicata.

Imparai così che i luoghi, i paesaggi, le cascine possono svanire nel nulla come per magia, e pensai a quanto sono importanti i ricordi.

Patrizia Deabate

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