
ALBA Quando parla di Giulia, uccisa quasi un anno fa per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta, Gino Cecchettin non esprime rabbia, ma dolcezza e ricordo. Quello di un padre che ha perso la figlia ventiduenne in un modo ancora più difficile da accettare e che cerca di portare avanti la propria esistenza nonostante il dolore, per il bene degli altri due figli, Elena e Davide.
Cecchettin ha deciso, però, di compiere un passo: non rimanere in silenzio, ma condividere e lanciare messaggi. Lo fa incontrando le persone, dai giovani agli adulti. Ha scritto un libro Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia, insieme al giornalista Marco Franzoso. E ha deciso di dare vita a una fondazione.


Ne ha parlato ieri sera, 13 ottobre, in sala Ordet ad Alba, ospite della serata organizzata dall’associazione degli ex scout La Quercia. Un incontro, condotto da Nicola Conti, per affrontare il tema della violenza di genere, con la partecipazione delle operatrici del Centro antiviolenza Alba-Bra: Sonia Delfinetti, Sheila Marchisio e Elisa Revelli.
«Volevo scrivere una lettera a Giulia»
In una sala gremita, Gino Cecchettin si è raccontato: «Ho scritto questo libro per parlare di Giulia. Un papà non si rassegna all’idea di perdere una figlia in questo modo. Mi immagino la mia vita con lei come il nastro di un film: qualcuno lo ha reciso e ora ci ritroviamo in due luoghi diversi. L’unico modo per parlarle era scriverle una lettera, questo libro. Non firmo copie, perché non sono uno scrittore: sono solo un papà, che ha perso una figlia fantastica, la figlia perfetta».
Ascolta le sue parole nel video di Pierangelo Vacchetto:
Alzare la soglia di attenzione con i giovani
Cecchettin ha proseguito: «Mi sono sentito e mi sento molto il colpa. È difficile accettare che avrei potuto alzare la soglia di attenzione. Io, con Giulia, parlavo. E non c’era settimana che non cercassi di capire lo stato della sua vita sentimentale. Non sarei mai riuscito a invadere la sua privacy e a guardare il suo cellulare, per esempio, proprio perché era una ragazza così responsabile. Mi limitavo a consigliarle di chiudere quella storia. Oggi, ai genitori, dico di prestare attenzione ai figli e di cogliere tutti i segnali». E ancora: «Nella vita frenetica di tutti i giorni, purtroppo i minuti di qualità sono sempre pochi. Quando è morta Giulia, non riuscivo a ricordare che cosa avessimo mangiato insieme l’ultima volta o com’era vestita quando l’ho vista uscire di casa: il tempo e l’attenzione sono fondamentali, anche quando c’è comunicazione, com’era nel nostro caso. Cogliete il momento e mettete i ragazzi nelle condizioni di esprimersi liberamente».
Gino Cecchettin ha deciso anche di creare una fondazione in ricordo di Giulia: «Cerco di restare forte il più possibile. Lo devo ai miei figli e anche a me: abbiamo diritto alla felicità. Ma non c’è giorno in cui non provi dolori per il nostro dramma, ma ho capito che è un sentimento che va vissuto e alimentato: a volte entro in camera di Giulia, sento il suo profumo e trovo la forza di andare avanti».
Francesca Pinaffo
