
TESTIMONIANZA Nata nel 1934, Marisa Pavesio frequentò le scuole elementari a Treiso, dove i nonni gestivano un’osteria in frazione Cappelletto, appassionandosi, anche se bambina, al mondo della cucina. Da giovane abitò in piazza del bestiame ad Alba (piazza Cagnasso), con i genitori e i cinque fratelli. Nel 1958 si sposò con Renzo Asola, un sarto che gestiva, assieme al fratello, un’importante sartoria cittadina, situata in via Mandelli.
Nel 1978 iniziò a gestire un bar a Mussotto, con servizio di tavola calda. Poi aprì il ristorante chiamato Porta San Martino. Con l’aiuto della figlia Enrica, che faceva la sommelier, lo gestì sino al 2004, anno in cui il locale chiuse per un cambio di proprietà dei muri.
Penso sia utile per il lettore evidenziare la grande passione di Marisa verso la cucina, basta elencare alcuni grandi piatti che ha interpretato. Citiamo il flan di cardi gobbi di Nizza Monferrato con crema di parmigiano, i ravioli del plin e i tajarin (la sua vera passione), la finanziera, elaborata secondo un’antica ricetta di Casa reale, utilizzando frattaglie di bovino al posto di quelle di volatile. Aggiungiamo il fritto misto, che prevedeva nel piatto oltre venti pezzi tra dolce e salato.
Poi, il dolce-gelato, frutto di un’antica ricetta ritrovata casualmente ad Altare, pertanto di provenienza piemontese-ligure. Un piatto che richiedeva una buona manualità nella preparazione, dovendo usare burro, zucchero e un rosso d’uovo sodo. Era eccellente la cromaticità ottenuta. Era anche brava a cucinare, su richiesta, la cacciagione; gliela forniva Pol Farinasso, il miglior venditore di vino che abbia conosciuto. Lui invitava appositamente i suoi amici proprio a Porta San Martino per assaggiare le sue primizie.
Chi scrive ricorda Marisa a un incontro in tema di enologia e cucina, alla Fiera internazionale del tartufo di circa dieci anni fa. Io presentavo i vini, abbinati ai piatti della cucina albese. Marisa, con una perfetta manualità, preparò il mucchio di farina bianca, poi iniziò a rompere le uova, separando i tuorli dagli albumi. Poi lentamente fece l’impasto. In seguito con una macchina manuale, tirò una sfoglia dalla consistenza sottile.
Il pubblico aveva capito la sua dedizione e la sua professionalità, ascoltava in silenzio. Osservavo Marisa: era veramente contenta, anzi un po’ commossa. Oltre mezzo secolo di impegno appassionato, tra pentole e fornelli, emergevano a tutti i livelli.
Lorenzo Tablino
