
ALBA Un uomo percorre da solo il prato dell’H-zone ad Alba. Sono i primi giorni di novembre. È sera e fa freddo. Si sta dirigendo verso la casa in cui vive con alcuni amici. Non parla molto, ma racconta qualcosa di sé stesso: «Ho vissuto qui, fino a pochi mesi fa. Stavo nella mia tenda insieme ad altri. Non è una vita semplice, ma è meglio così: non voglio essere trasferito da una struttura all’altra, per poi ritrovami ancora per strada, quando si stufano di aiutarci».
La realtà è che non è solo: sono almeno venticinque le persone che vivono in strada nel territorio urbano, ma potrebbero essere di più. Fino a pochi giorni fa, almeno tre uomini passavano la notte sotto i portici di via Roma o sul marciapiede dell’ex hotel Savona.
Il dormitorio Caritas, in via Pola, da quest’anno ha ridotto i posti disponibili, per assicurare condizioni più dignitose per chi vi trova rifugio. Resta l’unica porta sempre aperta. Come per l’uomo incontrato nel parco, per chi arriva in città per cercare un’occupazione – soprattutto giovani di origine africana –, è impossibile trovare un alloggio a causa dei prezzi troppo elevati, ma in primo luogo per una generale diffidenza dei proprietari.
Assemblea in movimento, collettivo nato sotto le torri in nome del diritto alla casa, sabato 9 novembre ha protestato contro l’Amministrazione comunale. Spiegano gli attivisti: «Alba è una città per ricchi o una città per tutte le tasche? La vocazione turistica del nostro territorio aggrava le disuguaglianze: è un’opportunità di lavoro per molti, ma arricchisce pochi e alza i prezzi per tutti. Il settore abitativo lo dimostra a pieno».
Serve aprire le docce pubbliche in piazza Prunotto, creare un deposito bagagli e prevedere la residenza virtuale
ASSEMBLEA IN MOVIMENTO
E proseguono: «Questa situazione trova il suo risvolto più drammatico nelle persone senza dimora. La loro situazione non può essere derubricata a questione marginale. In gioco ci sono diritti fondamentali: le misure assistenziali devono inserirsi in un quadro complessivo di interventi pubblici su larga scala».
Il collettivo ha avanzato proposte concrete: l’apertura delle docce pubbliche di piazza Prunotto e di un deposito per i bagagli dei senza fissa dimora; una struttura di accoglienza comunale; il riconoscimento della residenza virtuale per chi non ha una casa. «L’iscrizione all’anagrafe è un diritto ed è il presupposto per godere pienamente di servizi essenziali, come l’assistenza sanitaria. Pertanto chiediamo che la residenza virtuale venga riconosciuta a tutti coloro che ne hanno i requisiti, senza limitazioni numeriche e complicazioni burocratiche». E, non meno importante, si chiede l’aumento degli alloggi pubblici a canone sociale.
Favata, Caritas: «Anche i datori contribuiscano alle spase»
Fulvio Favata è il referente della comunicazione del Centro di accoglienza di via Pola, gestito dalla Caritas della diocesi. Dopo alcuni lavori di manutenzione in estate, il dormitorio ha riaperto con un totale di 18 posti.
Dice Favata: «A oggi stiamo eseguendo interventi di ristrutturazione importanti, che sposteranno il refettorio in quella che è l’attuale zona di smistamento per gli abiti. Queste operazioni ci consentiranno di ampliare il numero di posti, da 18 a 24. Tuttavia, il problema dei senza dimora ad Alba è cronico: fuori dal centro, stimiamo tra le venti e le venticinque persone che dormono in strada. Sono soprattutto giovani africani con un lavoro e i vari documenti in regola, ma che non riescono a trovare case da affittare. Le ragioni sono diverse: alcuni hanno contratti troppo precari, mentre altri si scontrano con la ritrosia dei proprietari».
La Caritas, sempre in via Pola, gestisce anche la mensa, a cui accedono molte più persone rispetto a quelle che trovano un posto nel dormitorio. Nel centro, ci sono anche diverse docce, le uniche pubbliche in città. Favata prosegue: «Bisogna capire se creare un altro dormitorio a livello comunale possa essere una strategia efficace: il rischio è che, a fronte di numerosi posti disponibili, si moltiplichino gli arrivi da fuori e quindi si replichi la situazione attuale, senza significative variazioni. Il problema delle case e dei canoni di locazione va risolto. E soprattutto i datori devono contribuire a trovare una soluzione abitativa dignitosa per i propri dipendenti».
L’assessora Croce: «Ci sono idee, ma per ora contiamo sulla Caritas»
Donatella Croce, assessora alle politiche sociali del Comune di Alba, sulla vicenda dei senza dimora spiega: «Con l’arrivo del freddo è particolarmente penoso vedere persone dormire sotto i portici di via Roma o in altre aree della città, come al parco Tanaro: confermo che si tratta soprattutto di giovani stranieri, alcuni con lavori precari, che non hanno possibilità di trovare una sistemazione e hanno magari già usufruito del mese di accoglienza presso il dormitorio di via Pola». Tra chi vive in strada, ci sono anche diversi italiani residenti nel territorio albese o tra i paesi del circondario, con problematiche di alcol e dipendenze da sostanze.

©Malò
Prosegue Croce: «Come Comune, confidavamo nell’ampliamento delle disponibilità di posti letto alla Caritas, così come stabilito nella convenzione sottoscritta lo scorso anno, ma ci stiamo rendendo conto che, al di là dei ritardi nei lavori, il bisogno in città sta crescendo ed è quindi necessario immaginare altre soluzioni: con l’aiuto del consorzio socioassistenziale (nonostante spesso queste persone non siano residenti e quindi non direttamente in carico ai servizi), stiamo cercando strategie alternative in tempi non lunghi. Penso a strutture in grado di ospitare i senza fissa dimora almeno per l’inverno, con progetti anche di tipo sanitario, ma a lungo termine».
Di concreto, al momento, pare esserci poco: «Si tratta di iniziative ancora in fase di definizione, che mirano a togliere dalla strada soprattutto quelle persone che non riescono ad accedere a un vero alloggio, pur avendo un lavoro. In questo modo, rimarrebbe alla Caritas l’accoglienza di tutti coloro che non hanno un’occupazione». Conclude: «Stiamo valutando le richieste avanzate dal collettivo Assemblea in movimento, in particolare riguardo alla riapertura delle docce e alla creazione di un deposito per i bagagli. Poiché non saranno risposte immediate, ci auguriamo che l’unico dormitorio oggi disponibile possa a breve aumentare la propria capienza, senza arrivare ai numeri che in passato hanno reso critica la vita in via Pola».
Maria Delfino
