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Barolo e Barbaresco, Sergio Germano: «Il 2024, annata fine ed elegante» 

Sergio Germano è il nuovo presidente del Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani
Sergio Germano

L’INTERVISTA Di fronte a un’annata piena di contraddizioni e difficoltà, talvolta le interpretazioni si accavallano e rischiano di generare confusione e incertezza nel consumatore. Con il presidente del consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani, Sergio Germano, è possibile tentare una sintesi di tutto ciò che è successo durante l’annata 2024.

Cominciamo da un’osservazione personale: «Nei miei 59 anni di vita ho seguito in prima persona l’evoluzione di 39 vendemmie. Questo da quando mi sono diplomato enologo, senza scordare gli anni precedenti, nei quali ero comunque presente ai lavori e ai risultati. Un’esperienza con la quale cerco di esprimere valutazioni ponderate».

Quali annate del passato ti richiama il 2024?

«Come andamento climatico mi ricorda alcune annate tra gli anni Ottanta e Novanta, quando l’umidità era all’ordine del giorno e le piogge assai frequenti. Ma da allora sono cambiate molte cose, disponiamo di mezzi migliori, maggiori conoscenze e abbiamo fatto tanto lavoro e progressi sia in vigna sia in cantina».

Le quattro stagioni in poche parole…

«Inverno: mite e asciutto. Primavera: piovosa ma con garbo, nel senso che le piogge sono state frequenti, ma ben intervallate. Estate: calda, ma con frequente piovosità che ha evitato lo stress alle piante. Infine, l’autunno, che si è mostrato irriverente e dispettoso, nel senso che tra fine settembre e ottobre ha portato varie piogge, anche consistenti, che hanno reso difficile le operazioni di raccolta».

Se nel 2022 e 2023 sono stati il caldo e la siccità a primeggiare, nel 2024 possiamo dire che è stata la pioggia?

«Certamente quest’ultima ha influenzato il percorso dell’annata. Per tanti versi ha creato delle difficoltà, ma non va trascurato l’enorme contributo nel ripristinare le scorte idriche messe a dura prova dalle annate precedenti. Perciò, non tutto è venuto per nuocere».

Quali fattori sono stati determinanti nel tradurre in positivo il 2024?

«Ne segnalerei tre: prima di tutto, direi la gestione del vigneto nella sua globalità. Ma ricorderei in particolare la tempestività dei vari interventi. Purtroppo l’annata ci ha messi alla prova e non sempre è stato possibile intervenire con puntualità ed efficacia. Laddove è stato fatto i risultati si sono visti. Infine, ricorderei ancora l’im-
portanza del diradamento, condotto anche a più riprese e legato alla fertilità significativa dell’annata».

Quanto ai vitigni, possiamo dire che le varietà precoci sono state climaticamente più fortunate?

«Senza dubbio. La vendemmia 2024 ha dato questo responso. I vitigni bianchi e i neri precoci hanno evitato le grandi piogge, mentre quelli tardivi hanno dovuto affrontare un clima più controverso. Tuttavia, la maturazione è stata buona anche in queste varietà».

Il dato incerto è la quantità di produzione.

«Tutti i vitigni hanno dato risultati molto buoni, in crescita rispetto al 2022 e 2023. La particolare fertilità del-
l’annata lo preannunciava. L’oculata gestione dei vigneti ha consentito di ottenere produzioni bilanciate e regolari».

Come saranno dunque i vini del 2024?

«In prospettiva mi aspetto un po’ da tutti i vini una bella espressione varietale e una forte propensione alla finezza e all’eleganza. La maturazione avvenuta con un clima senza picchi di calore esagerato ha preservato tutti i precursori della qualità e gli specifici caratteri varietali».

 Giancarlo Montaldo

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