SOSTENIBILITÀ E AMBIENTE Ricevere un regalo può essere un’esperienza gratificante, soprattutto per l’entusiasmo che si prova mentre lo scartiamo. Incarto e decorazioni colorate sono legati da pochi centimetri di adesivo, che spesso non si sa poi dove smaltire, rischiando di alimentare montagne di rifiuti, se non fosse per la raccolta differenziata.
Purtroppo non tutto si può riciclare. Lo scotch del nastro da regali ha una funzione pratica, una storia curiosa da conoscere, ma è anche un rifiuto complesso da trattare. Vediamo dove si butta quando si scarta un regalo, prestando attenzione alla sostenibilità, perché conoscere i materiali e le loro modalità di smaltimento può fare la differenza per le tasche e l’ambiente.
Come è nato il nastro adesivo?
La soluzione al problema di fissare in modo pratico i materiali arriva nel 1921 con l’invenzione della carta abrasiva impermeabile Wetordry da parte della ditta americana 3M (le tre “m” stanno per Minnesota Mining and Manufacturing Company”. L’intuito venne direttamente dalla mente di Richard Drew, ricercatore assistente della 3M. All’epoca i mezzi nelle officine carrozzerie venivano verniciati proteggendo le rifiniture con mezzi di fortuna, come carta di giornale e colla artigianale, perciò Drew fiutò il bisogno di una carta che aderisse non troppo e che fosse più facile da rimuovere a vernice asciugata. Così, nel 1925, dopo numerosi tentativi, Drew sviluppò il nastro per mascheratura che ancora oggi chiamiamo “scotch”, composto da carta crespa trattata e un mix di colla da falegname e glicerina. Questo nastro, facilmente rimovibile, divenne subito un successo, aprendo la strada a un mercato oggi complesso come quello dei nastri adesivi, sia a uso domestico che professionale.
Dopo il primo brevetto Wetordry rilasciato da Richard Drew, il nastro adesivo arrivò ufficialmente in Europa nel 1937. Era fatto con colla da falegname e glicerina, e non aderiva troppo. Per gli europei, l’invenzione della ditta 3M era una novità, ma si pensava che l’azienda usasse poca colla per risparmiare. Una diceria popolare che si diffuse, così qualcuno la accusò di essere un’azienda “scozzese” (in riferimento alla presunta tirchieria degli scozzesi). Da questa curiosa storia di colore, ha cominciato a diffondersi il nome popolare “scotch“, in riferimento al nastro adesivo, che però non ha nessuna relazione diretta con la Scozia.
Quanti tipi di nastro adesivo ci sono?
Il nastro adesivo è onnipresente nei pacchetti regalo, in tanti colori, materiali e forme personalizzate, per chiudere o sigillare oggetti e incarti, nell’ambito ricreativo, professionale e domestico. Insomma, ancora oggi se ne fa largo utilizzo, ne viene prodotta in quantità industriali, e contribuisce non poco anche alla produzione di rifiuti. Ne esistono vari tipi, tra i quali:
- nastro adesivo in plastica (trasparente o marrone);
- nastro adesivo in carta colorata;
- nastro biadesivo;
- nastro adesivo in polipropilene (PPL);
- nastro adesivo in PVC;
- nastri isolanti;
- nastri telati;
- nastri personalizzati.
Ma allora, come fare con la differenziata, in un caso così complesso? Da qui, i dubbi che a volte inducono in errore o generano confusione.
Dove si butta il nastro da regali
Di qualsiasi tipo sia, il nastro adesivo va separato dagli altri imballaggi e gettato nel secco indifferenziato. Infatti, la colla presente sulla sua superficie non è riciclabile, rendendo erroneo smaltirlo nella plastica o nella carta, anche se è composto di questi materiali. Per ridurre l’impatto ambientale, si possono considerare alternative al nastro adesivo non riciclabile, naturali e sostenibili, come le seguenti:
- nastro di raso;
- spago.
Sono facili da lavorare in ambito creativo, come quando si deve impacchettare un regalo o decorare un oggetto da donare. Questi materiali possono essere conservati in casa e riutilizzati per futuri regali. Un gesto che potrebbe coinvolgere e sorprendere chi ricevere un regalo.
