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Francesco Occhetto, dal Roero il traduttore dei poeti iraniani

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POESIA Poeti iraniani. Dal 1921 a oggi è il libro, pubblicato nella collana Lo specchio di Mondadori, che include una selezione delle opere di dodici tra i più importanti autori contemporanei di liriche in persiano. È la prima pubblicazione di questo tipo in Europa ed è stata tradotta e curata da Faezeh Mardani, docente di lingua e letteratura persiana a Bologna, e Francesco Occhetto. Quest’ultimo, classe 1996, è di Montaldo Roero: laureato in Scienze orientalistiche a Bologna, sta svolgendo un dottorato a Firenze.

«Ho iniziato ad appassionarmi alla poesia iraniana da adolescente grazie a Franco Battiato», spiega Occhetto, «il quale spesso parlava di Rumi e della scuola dei dervisci rotanti. Dopo aver iniziato a leggere poesie, a Bologna ho conosciuto la professoressa Mardani, che in seguito mi ha proposto di collaborare con lei. Tra di noi c’è sintonia nel tradurre. Il persiano, essendo una lingua indoeuropea, non è particolarmente difficile: lo scoglio principale riguarda l’uso dell’alfabeto arabo». Dopo aver pubblicato le traduzioni di diversi libri, la scelta di puntare su un’antologia «è sorta dopo un incontro un po’ casuale con Elisabetta Risari della Mondadori. Insieme abbiamo capito che i lettori ne sarebbero stati attratti e i dati ce lo confermano. In cantiere abbiamo già altri libri».

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La recente pubblicazione «parte dall’anno di nascita della Poesia nuova a opera di Nima Yushij. Il movimento portò la letteratura dell’Iran ad aprirsi al mondo ed entrare nella modernità. Fino al 1921 si scriveva in metrica e si usavano i temi della letteratura classica. In seguito, la poesia si è aperta al simbolismo francese e alle nuove avanguardie europee. La poesia moderna iraniana riflette, da un lato, la tradizione legata alla religiosità. Dall’altro, è diventata un osservatorio sui molti mutamenti politici occorsi nell’ultimo secolo». Oltre a Yushij, gli altri autori presenti sono Ahmad Shamlu, Ziya’ Movahhed, Mohammad Reza Shafiei Kadkani, Akhavan Sales, Sohrab Sepehri, Seyyed ‘Ali Salehi, la poetessa Forugh Farrokhzad, il cineasta Abbas Kiarostami, Bijan Jalali, Yadollah Royai e Garous Abdolmalekian. Quest’ultimo era stato in Italia nel 2023 per ricevere il premio Testimone di bellezza dell’associazione culturale Premio Roddi: a propiziare l’incontro era stato proprio Occhetto.

Prosegue lo studioso: «La parola, in Iran, è ancora legata al sacro e la poesia è la voce sia dello spirito sia della protesta e della testimonianza civile. Le liriche riguardano tutte le sfere della vita quotidiana: se c’è un rito o una festa popolare si leggono poesie classiche, se uno sta male gli si dedicano dei versi. La censura, pur esprimendosi in diverse diramazioni, non arriva dappertutto, specialmente su Internet. Il dissenso è stato espresso in ogni periodo, non solo dopo il 1979». In Occidente «le informazioni che arrivano sull’Iran sono unilaterali e legate, spesso, a politica e stereotipi. Non è solo il Paese degli ayatollah, è il luogo in cui si ritrovano bellezza, poesia e meraviglie portate da una cultura millenaria».

Davide Barile

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